Era una calda e soleggiata mattina di luglio di 74 anni fa quando mio nonno, all’epoca un giovane ventenne, stremato dall’afa, girava per la città, tra le strade vuote, alcune segnate ancora da cumuli di macerie, in cerca di un ufficio postale. “È lunedì” pensava “non dovrei aver difficoltà a trovarlo aperto, spero solo che non ci sia la solita fila del lunedì mattina” e tra mille pensieri offuscati dalla calura, cercava di ricordare la strada più breve per reggiungerlo, non quello in centro che a piedi ci si metteva un’ora, ma la succursale di Via S. Lucia, che era più vicino casa e dove il buon caro amico del padre, don Mimí, poteva subito favorirlo.
D’altra parte erano quasi parenti, cugini alla lontana, nn poteva deluderlo. Aveva urgenza però, le notizie che giungevano dal Venezuela non erano incoraggiarti, anzi, ad essere sinceri, erano pessime, il caro zio Nicola stava molto male e forse la lettera che aveva scritto pronta da imbucare non sarebbe arrivata in tempo, ma lui ci sperava e nel frattempo l’insegna delle poste gli appariva sempre più distinta a poche decine di passi. “L’inoltro più veloce per favore” sventolava la lettera chiusa nella mano quasi come fosse una bandiera spinta dal vento, più forte era lo sventolio più rapida s’immaginava la consegna. “Ma per dove, Aniello!” sorpreso gli rispose don Mimì; “Come per dove? Per il Venezuela” ribattè mio nonno. “La via aerea è quella che impiega meno ma ti costa di più”; “quanto di più?” replicò mio nonno temendo di non aver sufficienti monete per pagarne il costo. “Fammi controllare, devo prima pesarla però, dammi qui…sono 23 grammi, hai scritto due fogli belli fitti, vero?” “Si, è per zio Nicola, sta male, tutto quello che mi è venuto in mente l’ho scritto, non l’ho neanche riletta e sono corso qui a spedirla, spero capirà la mia calligrafia confusa”. “Fanno 78 lire, ma se vuoi aggiungere anche l’inoltro per espresso fanno 108 lire”.
Spedire quella lettera significava accontentarsi di un pò di pane a pranzo e di rinunciare al companatico ma era troppo importante e non vi poteva rinunciare. “Va bene” disse sospirando “affrancarla pure per il dovuto e falla partire con il primo dispaccio utile, grazie”. Fu in quel momento esatto che la sua storia di ventenne, e in generale, umana e sociale, tracciò un solco profondo nella mente di mio nonno e il rosso da quel momento diventò il sul colore preferito. C’era una famiglia, un uomo, una donna ed un bambino, un paio di bilance e delle incisioni, finissime e geometriche. Gli esplose d’un tratto la curiosità sul volto e fermò d’impeto don Mimì “aspetta, fammi vedere bene, lo voglio incollare io” e così per la prima volta in vita sua ebbe in mano un francobollo da 100 l. della serie Democrazia. Largo il doppio dei normali, d’un rosso sangue, a tratti grigio, con la gomma sporca al retro, incredibile al tatto, ruvido, sentiva sotto i polpastrelli i solchi delle incisioni, “E’ pazzesco” gridò a don Mimí con occhi pieni di stupore “non ne ho mai visti prima”. “Li ho tirati fuori oggi, sono in cassaforte dalla scorsa settimana, ma le disposizioni interne dicevano di venderlo soltanto da lunedì, sei il primo a cui lo vendo, ritieniti fortunato”. “Già, fortunato” pensò mio nonno guardando la lettera affrancata e pronta per la spedizione, “talmente fortunato, che questa lettera non è a me diretta e non la riavrò più indietro”. Le sensazioni erano contrastanti, stupore per aver scoperto un gioiello di carta gommata, delusione per non poter esserne entrato in possesso e per di più una gran fame solo all’idea di aver speso 108 lire!
Sulla strada di casa pensava e ripensava a quel francobollo, cercava di ricostruire nella mente il percorso esatto di quelle forme, gli sembravano delle “esse”, o forse delle “c”, già non lo ricordava più! Ricordava benissimo invece quelle cifre tonde, i due zeri di 100, erano perfetti in quel rettangolo, incisi alla perfezione, a sovrastare le “lire”. E poi quel volto, severo e austero di chi sa che gli aspetta un duro lavoro ma non per questo impossibile, magari aiutato dai cari, dalla famiglia, per dare un destino diverso ai propri figli e nipoti, magari senza guerra e distruzione. E poi un lampo, solo dopo si accorse di “poste italiane”, ma no, lo aveva già visto, anche gli altri francobolli della serie lo avevano, ma qui gli appariva forte, diverso, inciso nella pietra, a memoria futura. Non erano più “Regie”, erano “Poste Italiane” e gli anni delle cartoline militari in franchigia erano lontani e lo stemma sabaudo un ricordo, seppure recente. Finalmente rientrò a casa, stanco, quasi come dopo un viaggio, sopraffatto dalle emozioni e da pensieri diversi ma su tutti ne spiccavano due: il rosso è un colore bellissimo e da quel giorno collezionare francobolli la sua nuova passione che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita.
Buon compleanno 100 lire!!!
Aniello Veneri
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