Dalla scorsa fine di ottobre, probabilmente il 21, ma il primo giorno d’uso ritrovato sembra del 25, sono entrate in funzione in alcuni uffici postali italiani le nuove macchine della azienda americana Pitney Bowes per la stampa delle tp-label; ricordiamo che le precedenti erano macchine Olivetti. Le nuove macchine stampano etichette più basse e larghe (cm 12,60 e per cm. 3,70 di altezza). Inoltre questa nuova macchina funziona con il sistema a getto d’inchiostro. Al di là della descrizione tecnica che hanno riportato numerosi colleghi in altre pubblicazioni, qui vorrei mettere in evidenza un po’ di storia. Le macchine sono state messe in funzione verso la fine di ottobre e sembra che abbiamo manifestato subito alcuni problemi. Ad esempio Abbiategrasso, Bolzano Centro, Mantova, Brescia Centro. Addirittura Bolzano Centro avrebbe messo da parte la macchina in attesa di tempi migliori. Alcuni operatori ipotizzano conflittualità a carattere informatico, altri indicano l’inconveniente nel dispositivo che fa scorrere la busta. Quest’ultima funzionalità dovrebbe rappresentare la principale miglioria rispetto a quanto offrono le precedenti versioni, targate Olivetti Tecnost e Sipi. Con la Pitney Bowes è possibile affrancare direttamente i plichi di basso spessore (cioè i più comuni), evitando di ricorrere alla stampa su etichetta autoadesiva da applicare poi all’involucro. Tale alternativa, naturalmente, è ancora in uso per gli oggetti ingombranti. Anche il collegamento, non più seriale ma tramite porta Usb, dovrebbe velocizzare le procedure, nel caso specifico la comunicazione dei dati. Ancora, il sistema di stampa della Pitney Bowes impiega, invece della pellicola, il getto d’inchiostro. L’impronta che finisce sulla spedizione appare leggermente diversa rispetto alle consolidate “tp label”. A sinistra sono presenti la tipologia di invio, il numero identificativo dello stesso (e il codice postale di destinazione nel caso la missiva sia registrata), l’indicazione dell’ufficio di partenza preceduto dal frazionario (se troppo lunga, la stringa scivola alla riga successiva) e il codice che individua la macchina. Al centro figurano le barrette verticali; come nel passato, il numero e la posizione specificano se, per dire, si tratta di ordinaria o raccomandata. Nel blocco di destra, oltre alla data, figura l’importo pagato, sempre indicato -altra novità- in centinaia di euro, cui si aggiungono i due decimali (la “e” della parola che indica la moneta è maiuscola, anche se per le indicazioni ufficiali emanate dall’Ue non lo dovrebbe essere). Sotto alla tariffa, ecco il codice bidimensionale (cioè il rettangolo punteggiato), un po’ più lungo ma molto meno alto (24×8 millimetri in luogo di 22×22). Sulla ricevuta, nel caso sia prevista dal servizio richiesto, figurano frazionario, causale, peso in grammi, eventuali servizi aggiuntivi, numero sezione ed operazione, data ed ora, tariffa ed importo affrancato. L’arrivo delle Pitney Bowes negli uffici e le prime prove risalgono al 21 ottobre circa; l’uso effettivo più antico finora noto è di tre giorni successivo, individuato a Boscoreale (Napoli) e a Carugate (Milano). Di queste label ce ne sono di 4 differenti tipi stampati da altrettante differenti macchine. In base alle relativamente poche impronte individuate ed ai confronti, gli specialisti dell’Associazione italiana collezionisti di affrancature meccaniche hanno compreso come riconoscere le quattro marche ora attive sul mercato. Basta esaminare il codice presente sull’impronta (si trova alla sinistra della prima barretta verticale) e considerare solo la lettera che precede il numero. La “A” indica un apparecchio della Francopost, la “B” della Francotyp, la “C” della Neopost e la ”D” della Pitney Bowes. Dunque, chi ha impostato lo schema ha agito in ordine alfabetico. di Luciano Nicola Cipriani – Perito Filateliche
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