Inserito 02-04-2011
Argomento: (News) by info@cifo.eu

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In occasione del cinquantesimo anniversario dell’emissione del più famoso francobollo italiano, pubblichiamo un’edizione aggiornata con nuovi documenti d’epoca, dell’articolo di Giuseppe Di Bella.


I FATTI
Nel corso degli ultimi anni, grazie alla collaborazione di alcuni collezionisti che hanno vissuto la vicenda in prima persona, ho ritrovato alcuni interessanti documenti relativi al comportamento dell’Associazione dei commercianti italiani a fronte del ritiro del Gronchi rosa dalla vendita. Alla luce di questi ulteriori documenti e di altri “indizi” raccolti nel corso di una inchiesta mai dichiarata chiusa, ritengo utile ritornare a parlare dell’emissione e del ritiro del più famoso francobollo italiano, quel Gronchi rosa tanto desiderato quanto chiacchierato, nel 1961 come oggi.

Sono ormai trascorsi 50 anni dall’emissione della serie di tre francobolli celebrativi del viaggio del Presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Gronchi, nel Sud America e quindi del famoso “Gronchi rosa” e del suo alter ego di colore grigio.
Sull’argomento sono stati versati fiumi d’inchiostro, ciò nonostante nell’ambiente filatelico è opinione diffusa che la vicenda non sia ancora del tutto chiara ed in realtà attorno a questo francobollo aleggiano da sempre diversi “fantasmi”.

Sarà bene andare per ordine e ricostruire brevemente gli avvenimenti.
Il 3 Aprile 1961 (Lunedì di Pasqua) le Poste italiane procedettero alla distribuzione di una serie di tre francobolli per celebrare la visita del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi in Argentina, Uruguay e Perù (tiratura 2.000.000 di serie).

La serie venne distribuita tre giorni prima della data ufficiale di emissione e di validità postale che era il 6 aprile, al fine di permettere la preparazione degli aerogrammi che sarebbero stati poi convogliati a Roma, per essere imbarcati sull’aereo presidenziale.
La distribuzione anticipata fu limitata agli uffici principali, ovvero sostanzialmente alle Direzioni postali site nei Capoluoghi di Provincia all’epoca esistenti, dove i pochissimi collezionisti ed operatori commerciali presenti, proprio a causa della festività in atto, acquistarono il francobollo, predisposero e consegnarono gli aerogrammi per l’inoltro con l’aereo presidenziale, ed in modo improprio, realizzarono qualche “busta primo giorno”. In linea di massima, l’acquisto della serie di tre francobolli, da destinare alle collezioni o alle scorte commerciali, venne rimandato: non c’era fretta.

Ma … il francobollo da 205 Lire, stampato in colore rosa e dedicato alla visita in Perù, riportava i contorni dello Stato Sud Americano errati, poiché il disegno non teneva conto di una parte del territorio peruviano, il così detto triangolo amazzonico, da secoli conteso all’Ecuador ma attribuito al Perù da due decisioni della Corona spagnola e occupato dall’esercito peruviano nel 1941.

Anche la Conferenza tenutasi nel 1942 a Rio de Janeiro, aveva attribuito quell’area della foresta amazzonica al Perù, ma ancora nel 1961 l’Ecuador rivendicava quel territorio ed in quello stesso anno, aveva emesso provocatoriamente, una serie di francobolli dedicata all’Amazzonia in cui ancora rappresentava il proprio territorio comprendente quella parte contesa al Perù.

L’errore del poligrafico, ovvero del disegnatore, fu dovuto all’utilizzo, per la preparazione del bozzetto, dell’edizione del 1939 dell’Atlante Geografico De Agostini che naturalmente non riportava i confini del Perù come aggiornati dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1942. Veniva involontariamente toccato un nervo scoperto e l’errore provocò le vibrate e reiterate proteste dell’Incaricato d’Affari peruviano a Roma Alfonso Arias Schreiber Pezet: il fatto filatelico minacciava di degenerare veramente in un incidente diplomatico, poiché il francobollo errato avrebbe potuto essere interpretato come una presa di posizione italiana a favore delle rivendicazioni dell’Ecuador.

Il Governo, messo al corrente della problematica dal Ministro degli Esteri e da quello delle Poste e Telecomunicazioni, dispose l’immediato ritiro del francobollo. La notte fra il tre ed il quattro Aprile venne diramato un telegramma urgente di servizio a tutte le Direzioni provinciali delle Poste, che disponeva il ritiro dalla vendita del valore da 205 Lire rosa. Venne inoltre disposta la ricopertura dei francobolli già applicati sugli aerogrammi, con un nuovo valore che sarebbe stato reso disponibile immediatamente (in realtà fu pronto il cinque Aprile).

Approntato il nuovo valore da 205 Lire in colore grigio, con gli esatti confini del Perù, gli esemplari del 205 Lire rosa già applicati sugli aerogrammi (9.887 buste, affrancate con 10.160 pezzi) vennero ricoperti, a cura di una trentina di volenterosi impiegati delle Poste, con il nuovo valore. Solo una ventina di buste sfuggirono ai controllori e su queste l’esemplare rosa risulta regolarmente timbrato e viaggiato non ricoperto. Quello del Gronchi rosa è l’unico caso al mondo di un francobollo emesso, ritirato dalla vendita e ricoperto su buste già affrancate.

Il Gronchi rosa esiste anche annullato su un certo numero di buste “primo giorno” e di corrispondenze interne: infatti pur essendo il 3 aprile un giorno festivo, alcuni accaniti e fortunati filatelisti si recarono ugualmente alle poste per acquistare il francobollo e far timbrare la serie con la data del primo giorno di emissione.

In realtà queste buste non sono tecnicamente delle “prima giorno di emissione”. Infatti il primo giorno di validità postale ufficiale per l’affrancatura, dei tre (rectius quattro) valori della serie, resta comunque il 6 Aprile, ovvero il giorno della partenza del volo presidenziale. Più correttamente si deve parlare di buste “primo giorno d’uso”.
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Nonostante il clamore suscitato dal ritiro dalla vendita, riscontriamo alcuni casi di “tolleranza” (più o meno consapevole) dell’uso del Gronchi rosa, anche ben oltre la data del suo ritiro quando era stato posto di fatto “fuori corso”. Oltre ad alcuni esemplari e due quartine (data del timbro 6.4.1961) applicati su buste che non vennero in effetti inoltrate col dispaccio presidenziale, si conoscono alcune raccomandate interne del mese di aprile, e due viaggiate nel mese di maggio 1961.
Si conoscono infine tre esemplari abusivamente utilizzati per affrancare gli aerogrammi del 13.mo Giro Aereo di Sicilia, disputatosi il 2 Luglio 1961.
Recentemente è stato ritrovato un esemplare viaggiato su cartolina della lotteria Italia nel 1983, non tassata.
Questi, in estrema sintesi, i fatti e quindi la storia ufficiale: adesso passiamo alle opinioni.

LE TANTE OPINIONI
Un primo errore sistematico commesso per 40 anni è stato corretto qualche anno fa da alcuni cataloghi italiani. Infatti fino alle edizioni del 2000 in alcuni cataloghi, il Gronchi rosa è stato classificato erroneamente come un francobollo “non emesso” qualifica che non gli compete in quanto regolarmente emesso e posto in vendita allo sportello, anche se successivamente ritirato: i non emessi invece sono per definizione quei francobolli stampati ma non venduti al pubblico né utilizzati dalle poste, in quanto privi di valore di affrancatura, ovvero di “corso postale legale”.

Conseguentemente risulta altrettanto errata la tesi secondo la quale il francobollo in esame non avrebbe avuto corso postale. Infatti è irrilevante la circostanza che la serie sia stata resa disponibile tre giorni prima della validità ufficiale solo per consentire il tempestivo inoltro degli aerogrammi, poiché questa limitazione dell’uso non venne di fatto applicata e per tutta la giornata del 3 Aprile 1961, anche se l’istruzione ministeriale del 28 Marzo 1961 disponeva chiaramente che la serie avrebbe avuto validità postale solo dal 6 aprile, il Gronchi rosa in quanto venduto al pubblico ufficialmente presso gli sportelli postali, è stato di fatto e di diritto un francobollo, ovvero una carta valore dello Stato italiano, emessa regolarmente, acquistata altrettanto regolarmente dal pubblico e quindi di fatto valida a tutti gli effetti e per tutti gli usi postali.

E’ quindi fuori discussione che il francobollo, anche se per un tempo molto limitato, ha avuto di fatto regolare e legittimo corso postale. Risulta quindi innegabile lo status di “documento ufficiale dello Stato italiano” rivestito dal Gronchi rosa. Ed è proprio per questo suo status di diritto, per questa sua indubbia valenza politica, che l’ambasciata del Perù intervenne richiedendone il ritiro.
Da queste considerazioni discende che il Gronchi rosa, non essendo un valore postale non emesso, bensì emesso per errore e ritirato, fa parte a pieno titolo della collezione dei francobolli usati della Repubblica italiana, piaccia o no, con tutto ciò che ne consegue.

Taluni Uffici, mal interpretando i contenuti del telegramma (es. Salerno) continuarono ad ammettere alla timbratura le buste primo giorno che venivano presentate allo sportello, sia il 4, 5 e 6 aprile. Qualche ufficio (es. Pistoia) accettò il 6 aprile buste primo giorno con applicati i quattro valori emessi, rosa compreso. Ugualmente il 4 ed il 5 aprile, vennero realizzate buste FDC con i soli due valori disponibili ovvero il 170 ed il 185 Lire (es. Parma), e poi col solo 205 Lire grigio (es. Roma, Milano Palermo). Infine alcuni collezionisti che il 6 mattina presto avevano realizzato la “busta primo giorno” (di emissione ufficiale) con i due valori da 170 e 185 Lire, in tarda mattinata aggiunsero il 205 Lire grigio e fecero ritimbrare la busta (es. Milano).

E’ necessario tenere presente, ai fini della corretta valutazione del fenomeno, che sebbene il valore facciale dei tre valori fosse stato calcolato per l’affrancatura delle corrispondenze inoltrate per posta aerea nei tre Paesi che il Presidente avrebbe visitato, nulla vietava in linea di diritto il loro utilizzo per affrancare qualsiasi tipo di corrispondenza od oggetto postale, come avvenuto di fatto con i valori da Lire 170, 185 e 205 rosa e grigio.

Ugualmente non possono essere avanzati dubbi sullo status di validità postale degli aerogrammi sfuggiti alla ricopertura, nei quali all’errore nel francobollo si è aggiunto l’errore della mancata ricopertura, che di fatto riconosce validità postale funzionale ad un valore ritirato dalla vendita e posto fuori corso.

IL NUMERO DI ESEMPLARI VENDUTI: UNA FESTA PER POCHI
Una breve premessa è necessaria: risultano determinanti per la comprensione delle circostanze in cui si svolse la vendita del Gronchi rosa, due considerazioni. La prima riguarda il fatto che l’emissione avvenne in giorno festivo e pertanto erano presenti allo sportello solo pochissimi collezionisti “irriducibili”, mentre erano quasi completamente assenti i commercianti, essendo chiusi gli esercizi e le banche. La seconda considerazione riguarda la limitata “disponibilità” psicologica ed economica in senso lato, di collezionisti e commercianti che un mese prima avevano effettuato un gravoso esborso per rifornirsi della serie ordinaria Michelangiolesca di elevato valore facciale. Il punto certamente più controverso è sempre stato quello della vendita agli sportelli postali e quindi il numero di esemplari in circolazione. E tanti hanno … dato i numeri. Il Catalogo Sassone, fino all’edizione del 1967 erroneamente annotava in calce: “…ne risultano venduti 210.000 esemplari, in gran parte speculativamente incettati: alcuni sono stati erroneamente annullati.”
Nelle edizioni fino al 2000 invece riportava “Il ministero delle Poste ha comunicato la vendita di circa 80.000 esemplari”.
Nell’edizione del 2003 così si esprime: “Il Ministero delle poste ha comunicato ufficialmente la vendita di 70.625 esemplari”.

Risulta evidente che le notizie diffuse nel tempo dalle riviste specializzate e dai cataloghi, in merito allo status del francobollo ed al numero di esemplari venduti, sono state necessariamente imprecise stante la difficoltà di ricostruire una vicenda estremamente complessa e che si è consumata in modo alquanto articolato su tutto il territorio nazionale. La prima ricostruzione storica di ampio respiro e attendibilità su questi avvenimenti, è l’inchiesta giornalistica magistralmente realizzata da Umberto D’Arrò e pubblicata su “Il Collezionista Italia filatelica” nel 1991 in occasione del trentesimo anniversario dell’emissione. Questa è basata su documenti di origine ministeriale che indicano in 79.455 il numero degli esemplari venduti. A questi vanno aggiunti 80 esemplari conferiti in omaggio a personalità e 90 consegnati al museo postale. Questo dato potrebbe essere considerato definitivo e vedremo perché. Prima di affrontare ulteriori argomenti è necessario porre in evidenza uno stralcio della tabella ministeriale di rendiconto generale della vendita:

DIREZIONE FORNITI RESI VENDUTI
TARANTO 10.000 10.000 0
MATERA 5.000 5.000 0
NUORO 5.000 5.000 0
BRINDISI 5.000 4.994 6
SASSARI 10.000 9.960 40
RAVENNA 10.000 9.953 47
CAGLIARI 20.000 19.861 139
UDINE 20.000 19.040 960
VENEZIA 60.000 59.033 967
REGGIO CAL. 10.000 8.926 1.074
BERGAMO 20.000 18.936 2.038
FIRENZE 60.000 56.094 3.906
PALERMO 60.000 55.348 4.652
GENOVA 60.000 52.760 7.240
MILANO 100.000 89.987 10.013
ROMA 100.000 79.444 20.556

E’ evidente che gli uffici si comportarono in modo alquanto “differenziato”, in merito all’osservanza ed alla tempestività dell’applicazione delle disposizioni emanate dal Ministero e l’incetta speculativa di cui riviste e cataloghi diedero subito conto, era certamente avvenuta: ma era altrettanto vero che questa non era stata effettuata direttamente da commercianti o da collezionisti, bensì da personale interno delle Poste, “addetto ai lavori”, che venuto a conoscenza del telegramma che disponeva il ritiro del francobollo, fece in tempo ad acquistarne o meglio a fingere di averne già venduti in quantità.

Infatti, secondo una ricostruzione che è supportata da alcuni documenti, dal numero degli esemplari venduti nei diversi Uffici e dalle testimonianze di chi ha vissuto in prima persona quei giorni, la mattina del quattro Aprile (secondo giorno dall’emissione) il citato telegramma era pervenuto a tutte le Direzioni Provinciali, ma presso alcune di esse l’applicazione risultò ritardata di qualche ora, si suppone in buona fede, per motivi burocratici o di collegamento tra la Direzione e lo sportello filatelico. E’ comunque certo che ancora nelle primissime ore della mattina del quattro Aprile, presso alcune Direzioni Provinciali era ancora possibile acquistare allo sportello la serie con il Gronchi rosa.

In altre Direzioni Provinciali la notizia del ritiro del francobollo determinò il termine della vendita al pubblico, ma non impedì che all’interno degli Uffici, nelle pieghe delle procedure di riconsegna alla cassa valori dei valori in carico agli sportellisti per la vendita, ed è questo il punto centrale della vicenda, qualche spregiudicato addetto ai lavori (rectius, impiegato applicato allo sportello filatelico) facesse in tempo a realizzare la famosa incetta.
A Palermo uno degli addetti agli sportelli, ricevuto l’ordine di riconsegna, fece in tempo, ad “acquistarne” o meglio a fingere di averne venduto il giorno prima, oltre 30 fogli: per conferire in contanti il corrispettivo del valore facciale in cassa, chiese denaro in prestito ai colleghi di lavoro.

Questa ricostruzione spiega il numero dei valori che risultano venduti a Palermo (ma anche a Roma, Milano etc.). Ed infatti la prova più evidente della irregolarità dei comportamenti, sta nei numeri delle vendite realizzate in maniera ingiustificatamente differenziata in relazione ad una presumibile identità dei tempi dell’azione (si confrontino i dati sopra riportati).

E’ possibile pertanto ipotizzare che a causa della non rigorosa né tempestiva applicazione delle disposizioni, la maggior parte dei Gronchi rosa siano stati di fatto “venduti”, o meglio incettati all’interno degli uffici postali e sportelli filatelici, nelle prime ore della mattina del quattro Aprile e non già il tre, con la complicità più o meno volontaria di un insieme di soggetti. In estrema sintesi, risulta evidente che i pochi collezionisti presenti la mattina del 3 aprile 1961, Lunedì di Pasqua, presso gli sportelli filatelici, non possono aver acquistato i 4.652 esemplari venduti a Palermo né 20.556 venduti a Roma.

La distruzione incrementa il mito … e la quotazione

Altra nota dolente è la distruzione dei valori ritirati. Infatti da sempre corre voce che l’italica arte del “fai da te” abbia suggerito ad alcuni intraprendenti “inceneritori pentiti” di sostituire qualche pacco di fogli di francobolli, ovvero la parte più interna di esso, con carta straccia, ma le cautele adottate dal Ministero per la custodia e la distruzione dei francobolli ritirati, sembrano escludere questa ipotesi, che resta dunque una delle tante leggende metropolitane su questo famoso francobollo.

A conti fatti dunque sottraendo dai 79.625 francobolli venduti i 10.160 utilizzati per affrancare gli aerogrammi poi ricoperti, si arriva alla conclusione che i Gronchi rosa nuovi in circolazione sono 69.465, cui vanno ancora sottratti quelli usati per le buste primo giorno e quei pochi utilizzati per altre corrispondenze. Per la cronaca, ormai divenuta storia, aggiungiamo che il Presidente Giovanni Gronchi, cui è legata la nota vicenda, ironia del destino, era Egli stesso un appassionato collezionista, che aveva anche subito, qualche anno prima dei fatti, una cocente delusione in campo filatelico, per via dell’acquisto di alcuni importanti francobolli, che risultarono non essere originali, bensì dei saggi.

A tal proposito ricordiamo che, quando i francobolli ritirati si trovavano depositati in una stanza sigillata del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, “in attesa di giudizio”, vi fu una richiesta ufficiale da parte dei commercianti, di rimettere in vendita, solo per fini collezionistici e senza validità postale, tutta o parte della tiratura, da considerare come non emessa. Il no fu deciso e immediato: qualche maligno ipotizzò che lo stesso Presidente Gronchi, maldisposto per gli avvenimenti sopra ricordati, avesse posto il suo veto, per avversione verso alcuni importanti commercianti filatelici, ma non sussistono prove o documenti che autorizzino questa versione dei fatti.

Il motivo del rifiuto di vendere i francobolli ritirati, sia pure senza valore di affrancatura, è coerente a quello del ritiro, ovvero squisitamente politico e diplomatico: ogni esemplare in più in circolazione, avrebbe rappresentato ulteriore motivo di disappunto per il Governo peruviano. Ma come per la mitica Idra di Lerna, la distruzione non servì che a rendere ancora più leggendario e desiderato questo francobollo: la sua fama si raddoppiava come le teste dorate del drago recise da Ercole. di Giuseppe Di Bella (continua)

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