Pubblichiamo la seconda parte dell’articolo di Giuseppe Di Bella sulla vicenda del più noto francobollo italiano che proprio oggi compie 50 anni.
L’AMBIENTE FILATELICO ENTRA IN FIBRILLAZIONE
Nell’ambiente filatelico non si parlò d’altro per mesi e diversificati furono i comportamenti dei commercianti. Riportiamo di seguito, per rappresentare l’incertezza in cui il mercato si dibatteva, una lettera della nota Ditta Ercole Gloria di Milano ad un collezionista di Cagliari abbonato al servizio novità di Repubblica:
Milano 15 giugno 1961 – “Egregio Signore, Qui unito ci pregiamo rimettervi il francobollo “sbagliato” da 205 Lire emesso in occasione del viaggio del Presidente Gronchi nel Perù. Trattandosi di un esemplare di speculazione che noi siamo stati costretti ad acquistare, sebbene ad un prezzo di favore, sul libero mercato, l’abbonato non ha alcun obbligo di acquisto, pertanto può farcene resa entro cinque giorni dalla data di recezione. Il prezzo attuale del 205 Lire in questione, oscilla da 7.000 a 10.000 Lire, comunque riteniamo opportuno precisarvi che la nostra Ditta ne effettua la fornitura senza nessun impegno o garanzia, né può, trascorso il periodo di cui sopra, accettarlo di ritorno. Questo diciamo soprattutto per il caso che il Ministero lo dovesse rimettere in validità al facciale, cosa che, almeno per il momento riteniamo sia da escludere. Qui unita vi rimettiamo la circolare emanata dal Presidente del Sindacato nazionale dei commercianti filatelici riguardante tale francobollo. Gradite i nostri più Distinti Saluti”
Stranamente la lettera non riporta il prezzo a cui il collezionista avrebbe potuto trattenere il francobollo, che dobbiamo ritenere sarebbe stato fissato successivamente in caso di conferma dell’acquisto. Riportiamo di seguito la circolare sopra citata quale allegato della lettera.
“Dichiarazione in merito al francobollo emesso in occasione del viaggio del Presidente Gronchi in Perù: Il sottoscritto ing. Carmine Perroni Presidente del sindacato nazionale dei commercianti in francobolli per collezione dichiara: che il francobollo è stato messo in vendita agli sportelli filatelici il giorno 3 aprile (lunedì di Pasqua – giorno festivo). Ciò unicamente per favorire coloro che avevano interesse ad inoltrare la corrispondenza per il Perù, Argentina ed Uruguay con l’aereo del Presidente della Repubblica Italiana in quanto la validità postale del francobollo avrebbe avuto corso soltanto dal 6 aprile. Per queste considerazioni i commercianti non hanno avuto alcun motivo di prelevare i detti francobolli in giornata festiva. Posso quindi senza tema di smentita testimoniare che la stragrande maggioranza dei commercianti non ha effettuato alcun prelevamento e ciò anche per il fatto che durante la giornata del 3 aprile gli esercizi erano chiusi. A conferma di queste mie dichiarazioni c’è l’immediata azione del sindacato nazionale commercianti francobolli per collezione presso il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni affinché il francobollo fosse rimesso in vendita al valore facciale, come “non emesso” senza validità postale. Firmato Il Presidente Carmine Perroni”
I DUBBI DEL MISTERO
Il dubbio di manovre poco chiare e di un “complotto” con fini speculativi, si palesò immediatamente nell’ambiente filatelico e nell’opinione pubblica. Per fugare le ombre che si allungavano sulla vicenda e per identificare eventuali responsabilità sia dolose che colpose, venne disposta, dal Ministero delle poste, un’inchiesta ufficiale. La commissione Gaspari concluse che i fatti relativi all’emissione del francobollo errato, erano del tutto casuali e che non sussistevano responsabilità attribuibili a singoli, poiché il bozzetto era stato approvato in sede ministeriale. Accertata la casualità dell’errore, il ministro Spallino ordinò la distruzione di tutti gli esemplari ritirati, ovvero le rimanenze restituite dalle Direzioni e gli esemplari non distribuiti. Così alla presenza del sottosegretario Gaspari, dei componenti della commissione d’inchiesta, di alcuni funzionari del ministero delle Poste, di alcuni giornalisti e di un rappresentante del Provveditorato dello Stato, i pacchi contenenti i Gronchi rosa furono inseriti in una macchina impastatrice (detta “molazza”), e ridotti in polvere. Venne anche aperta un’inchiesta giudiziaria che vide coinvolto il presidente di una banca ed un commerciante filatelico, accusati di illecite manovre speculative. Il relativo processo, si concluse con una completa assoluzione.
IL BOLLETTINO MINISTERIALE FANTASMA
Nel corso delle ricerche effettuate, non ho mai trovato indizi che inducano sospetti sul fatto che la vicenda del Gronchi rosa sia stata tutta una messa in scena attuata per motivi speculativi o per il rilancio della filatelia, come da molti sostenuto. Al contrario, i materiali e le notizie da me raccolti in 30 anni di ricerca, mi hanno convinto della casualità degli avvenimenti. Un unico dubbio è sempre rimasto irrisolto: perché non si conosce e non si hanno notizie del relativo bollettino ministeriale? Il decreto che stabiliva l’emissione dei tre valori, è datato 17 marzo 1961, quindi in tempo utile per la stampa e la normale divulgazione del bollettino ministeriale.
E’ noto che il Ministero delle poste, per ogni emissione, approntava con un certo anticipo, un “Bollettino ministeriale” con la riproduzione dei valori che sarebbero stati emessi, ed un’ampia descrizione dell’avvenimento celebrato e delle caratteristiche tecniche dei francobolli in via di emissione. Secondo questa prassi, costantemente osservata, almeno 5 giorni prima del 3 aprile, avrebbe dovuto essere distribuito il relativo bollettino con i tre valori compreso il Gronchi rosa. Al contrario, questo bollettino “non esiste”, non è “mai esistito” e di esso non vi è traccia neanche nel museo postale. Si conosce invece il bollettino ministeriale che riproduce i tre valori ma col 205 Lire grigio, che, pur datato 6 aprile, comparve sul mercato qualche giorno dopo i fatti, verosimilmente il 9 Aprile 1961. La domanda è ovvia: perché non è stato distribuito, nei soliti modi e termini, il bollettino ministeriale col Gronchi rosa? Perché non lo si conosce e non esiste neanche presso il museo postale? Annotiamo incidentalmente che già nel 1991, risultava inoltre “scomparso” il bozzetto originale sbagliato. Le domande senza risposta, specie dopo lungo tempo, diventano inevitabilmente … sospetti. Forse gli archivi dell’ex Ministero delle Poste, ci riservano anche questa sorpresa, visto che da poco sono state scoperte le bobine di sconosciute emissioni di francobolli per macchinette, del tipo Italia turrita, approntate verso il 1957 e forse mai utilizzate.
IL ROSA ED IL BOOM DELLA FILATELIA
La vicenda di questo famoso francobollo, si inserisce prepotentemente nell’ambito dei fatti che determinarono il boom filatelico italiano degli anni 60’: è innegabile che il mito del “tesoro”, subito alimentato dall’aumento fulmineo del suo prezzo, ha giocato un ruolo di rilievo nell’insensata corsa all’accaparramento di francobolli partita nel 1963. I motivi del boom sono molteplici, ed alcuni hanno origini remote. Dall’emissione del primo francobollo nel 1840, il collezionismo filatelico aveva conosciuto una espansione continua ed aveva assunto una dimensione mondiale. La crescita esponenziale e la solidità duratura del fenomeno collezionistico e commerciale, aveva determinato nell’opinione pubblica internazionale, la convinzione che “i francobolli sono come i soldi”, opinione che decade appunto solo alla fine degli anni ’60 del Novecento, col crack del mercato filatelico. Si riteneva generalmente che i francobolli fossero un bene d’investimento al pari delle azioni, dei BOT, delle obbligazioni e dell’oro, o quanto meno un bene rifugio, e che una collezione di francobolli, o meglio, una accumulazione di essi, ponesse il proprio capitale al riparo dall’inflazione. Ed effettivamente è possibile affermare che alcuni collezionisti, commercianti ed investitori, che con lungimiranza hanno concentrato l’attenzione sui materiali più rari e antichi, hanno ottenuto nel tempo notevoli risultati economici. Ma di contro, chi ha acquistato massicce quantità di materiali speculativi emessi negli anni 60’, si ritrova con un’accumulazione di francobolli il cui valore supera di poco quello della carta su cui sono stampati. Già alla fine degli anni 50’, si era registrata in Europa e segnatamente in Italia, la tendenza ad un’ulteriore espansione dell’interesse per i francobolli quali beni d’investimento, e si può affermare che i primi “investitori” che cominciarono ad acquistare le emissioni a fogli interi, con scopi “speculativi”, erano già attivi nel 1958. Erano presenti quindi diverse componenti perché si determinasse un’esplosione “sociale” del mercato, anche perché in Italia, e direi in tutto il mondo, la gente comune era culturalmente più vicina ai francobolli che alle Borse finanziarie: oggi può sembrare strano ma è vero! La vicenda del Gronchi rosa cadde “come il cacio sui maccheroni” nel momento in cui si erano già create tutte le premesse per l’esplosione del fenomeno: la sua fantastica storia colpì l’immaginario sociale collettivo e la fantasia di una platea di soggetti ben più ampia di quella dei filatelisti, suscitando appetiti estranei alla filatelia come fenomeno culturale. Personalmente ricordo che diversi amici di famiglia e semplici conoscenti, piccoli risparmiatori completamente estranei al collezionismo, a fronte dell’aumento vertiginoso dei prezzi e del “valore” dei francobolli, genericamente intesi, vennero a casa nostra e chiesero a mio padre consiglio ed indicazioni per comprare fogli di francobolli “per investimento”. Le polemiche seguite al ritiro del francobollo, il suo prezzo in continua ascesa e tutti i motivi di ordine speculativo sopra ricordati, gettarono benzina sul fuoco già acceso del boom filatelico. In tutte le città italiane, allo sportello filatelico delle Poste centrali, “si faceva a botte”, e non è solo un modo di dire, per acquistare quantità di francobolli di ogni genere e natura: vi furono risse con collezionisti contusi a Palermo, a Roma, a Milano, a Napoli, a Bari e altrove. Particolarmente “violenta” fu la battaglia per accaparrarsi la serie della “Resistenza” (1965) la cui tiratura risulta quasi completamente inutilizzata per usi postali, essendo rimasta “tesaurizzata” nelle mani di collezionisti, investitori e “grassatori filatelici”. Ricordo che nel 1973, la vedova di uno di questi improvvisati ed avventurosi investitori, tentò senza successo di vendere 25.000 serie in fogli di detta emissione. Leggende metropolitane si diffondevano in modo incontrollato ed immaginifico sulle varie emissioni: per quella della Città del Vaticano del maggio 1966, per la celebrazione del millennio della cristianizzazione della Polonia (con tiratura mostruosa a sette zeri), venne perfino paventata un’incetta dalle proporzioni bibliche da parte dei collezionisti polacchi, tale da rendere immediatamente rarissima e preziosissima la serie: invero i collezionisti polacchi nel 1966 avevano altre cose a cui pensare e comunque le Poste Vaticane e di tutti i Paesi avevano da tempo “mangiato la foglia” e le tirature erano state via via adeguate ai più smodati ed insani appetiti filatelici. A distanza di 50 anni, sussistono ancora enormi accumulazioni di questi materiali speculativi, per i quali non si riesce a recuperare neanche la metà del valore facciale dei francobolli, che comunque in termini reali corrisponderebbe a qualche spicciolo.
I FALSI
Altro capitolo, purtroppo ancora aperto, è quello della falsificazione di questo famoso francobollo. Ritengo opportuno farne cenno proprio per il pericoloso livello di perfezione che è stato raggiunto dai falsari. L’elevato valore acquisito immediatamente, pose ben presto il Gronchi rosa nel mirino dei falsari e nel tempo sono stati stampati diversi tipi di falsi per frode filatelica.
La prima falsificazione risale ai primi mesi del 1964 ed è stata eseguita con stampa tipografica su carta filigrana stelle ricavata dai margini bianchi dei foglietti della Repubblica di San marino emessi per le Olimpiadi del 1960. Questo primo falso è molto “ingenuo” perché facilmente riconoscibile a causa della stampa approssimativa, della dentellatura di tipo lineare e del formato della vignetta più grande dell’originale, non costituisce quindi un pericolo per i collezionisti. Successivamente furono realizzati altri tre tipi di falsi, riconoscibili per il colore diverso, il formato, il tipo di stampa ed il retino di fondo, la gomma diversa, ma soprattutto per le sbavature nelle lettere che compongono le diciture. Si tralasciano alcuni tipi di falsificazioni che per la loro grossolana e non credibile realizzazione vanno piuttosto annoverati tra le “riproduzioni” o “imitazioni” (forgery). Qualche anno fa è apparso sul mercato filatelico un ulteriore tipo di falso detto “stellato” perché la filigrana è evidente anche guardando il francobollo dalla parte stampata (Questa caratteristica è presente, ma in modo più attenuato, anche nel francobollo originale). Quest’ultima falsificazione si presenta molto pericolosa, infatti è stata realizzata con tecniche sofisticate quali scanner ad alta definizione, computer e stampanti laser. E’ stata usata carta ottenuta dalla decolorazione di fogli di francobolli emessi nello stesso periodo con uguale filigrana e gomma (forse dall’emissione “San Paolo a Roma”). Ciò nonostante il falso, dopo un attento esame è riconoscibile da un insieme di elementi, primo fra tutti l’imprecisione, a forte ingrandimento, delle lettere che compongono la dicitura che tendono anche in questo caso a sbavare. A più elevato ingrandimento si notano inoltre dei difetti di stampa simili a piccolissime falle biancastre a forma di cratere. Questa falsificazione è comunque da ritenere pericolosa ed è quindi consigliabile porre particolare attenzione negli acquisti, pretendendo una seria certificazione peritale. A prescindere da ogni altra considerazione, esaminando il grafico del valore di catalogo, indicativo del prezzo di mercato del Gronchi rosa in questi 50 anni, si nota che questo ha subito nel tempo delle notevoli oscillazioni. Risulta evidente che il prezzo di mercato del francobollo nei primi anni è stato condizionato da speculazioni e soprattutto dall’incertezza sull’effettiva consistenza degli esemplari in circolazione. Successivamente, pur soffrendo a tratti delle forti oscillazioni di cui è stato oggetto il mercato della filatelia contemporanea, è sempre rimasto un francobollo di costo elevato la cui quotazione tende nel tempo a consolidarsi ed a tratti a crescere in termini reali a testimonianza della sua rarità. di Giuseppe Di Bella
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