Inserito 04-06-2020
Argomento: (News) by info@cifo.eu

GiovanardiCarlo




L’ex Ministro: “Non rispettata la circolare nazionale Si puniscono collezionisti che salvano i documenti” l‘articolo si può vedere a questo indirizzo:




https://www.ilrestodelcarlino.it/modena/cronaca/francobolli-sequestrati-esposto-di-giovanardi-1.5184268

EPPUR QUALCOSA SI MUOVE!
Anche se con grande ritardo: l’Associazione Nazionale dei Professionisti Filatelici congiuntamente con la Federazione fra le Società Filateliche Italiane, e l’Associazione Periti Filatelici Italiani Professionisti, dopo l’ennesimo ingiustificato sequestro, almeno da quanto risulta dalle notizie di stampa, ai danni di due operatori di Bologna si, si sono decisi ad una azione formale, anche se a ns. avviso (rif. Gruppo di Modena) ancora troppo blanda.

Facendosi rappresentare dall’Avv.to Andrea Valentinotti esperto della materia per aver seguito innumerevoli vicende giudiziarie e dall’Avv.to Massimiliano Mari che ha seguito il processo al nostro socio Salvatore Ciuffreda, come da miei precedenti articoli sull’argomento, hanno inviato una lettera ufficiale alle Soprintendenze Archivistiche Regionali, all’Ufficio Direzione Generale Archivi ed al MIBACT. Immediatamente sottoscritta dal Gruppo di Modena che sin qui è stato l’unico vero baluardo per la difesa dei diritti dei collezionisti e naturalmente da parte del Sen, Carlo Amedeo Giovanardi in rappresentanza del Gruppo parlamentari amici della filatelia Sottoscritta.

Claudio Ernesto Manzati
PAST PRESIDENT CIFO 2008-2012



Di seguito il comunicato stampa dell’ANPF già circolato in rete da parte del Postalista dell’amico Roberto Monticini e naturalmente la lettera ufficiale.


AFIP


Commercianti, collezionisti, periti invitano le Soprintendenze a rispettare quanto previsto nel 2017 dal ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo
Milano (21 maggio 2020) – Un problema per anni ricorrente, ma di cui si era trovata la soluzione, grazie alla direzione generale archivi che fa capo al ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo, al tempo guidata da Gino Famiglietti. Una circolare datata 5 ottobre 2017, la 43, aveva chiuso la questione. Sviluppata in 54 pagine, ha per oggetto “Fondi archivistici e singoli documenti di pertinenza dello Stato, delle Regioni e degli altri Enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro Ente o Istituto pubblico. Individuazione delle relative tipologie e del loro regime giuridico”.

Il testo chiarisce perché sul mercato dei collezionisti vi siano ad esempio buste e sovra coperte indirizzate ad enti pubblici e di come queste siano legalmente in mano a privati. “Nel tempo – spiega il presidente del sodalizio che riunisce i commercianti di settore, l’Associazione nazionale professionisti filatelici, Sebastiano Cilio vi sono stati i periodici scarti volti ad alleggerire i depositi di materiali non più utili. Inoltre, fino a non molti anni fa, c’era l’obbligo di cedere la carta scartata alla Croce rossa o a strutture simili affinché, con la vendita, raccogliessero fondi per le loro attività. Quindi, in mancanza di una circostanziata denuncia di furto, il materiale può essere detenuto legittimamente da qualsiasi persona. La circolare del 2017 conferma tale linea”.

LA SITUAZIONE
Linea negli ultimi tempi messa in discussione da sedi territoriali della Soprintendenza che mandano in negozi e case i carabinieri con l’ordine di sequestro. Disconoscendo la storia, la prassi, le normative. Al tempo stesso provocando danni morali e materiali al proprietario, che si trova coinvolto in procedimenti legali. Davanti al giudice, poi, quasi sempre vengono riconosciute le ragioni del privato. Ma, intanto, sono passati anni e gli iter hanno richiesto denaro.
Nel frattempo, chi ha in mano il materiale, spesso di scarso valore venale, teme per quanto ha pagato regolarmente, non può commerciarlo, non lo espone, non può pubblicare gli studi in argomento che ha realizzato. Insomma, ci sono incertezze e timori.

L’INIZIATIVA
L’Anpf ha incaricato due legali, gli avvocati Andrea Valentinotti e Massimiliano Mari, di redigere una lettera destinata al MIBACT e a tutte le Soprintendenze, ricordando l’attuale quadro di riferimento e invitando queste ultime a uniformarsi. Ovvero, come si legge nel testo, ad “attenersi scrupolosamente, nell’espletamento dell’attività di competenza, finalizzata alla ricerca ed alla successiva segnalazione di eventuali condotte penalmente rilevanti, alle direttive”.

La lettera, firmata anche dalla Federazione fra le società filateliche italiane, che da sola rappresenta circa duecentocinquanta sodalizi di appassionati, dall’Associazione periti filatelici italiani professionisti, dal Gruppo parlamentari amici della filatelia e dal Gruppo di Modena, sottolinea Sebastiano Cilio, “è una richiesta di garanzia per la certezza del diritto e, allo stesso tempo, per la continuità amministrativa e per il rispetto di atti emanati dal medesimo dicastero cui le Soprintendenze dipendono”.

PER ULTERIORI INFORMAZIONI
Associazione nazionale professionisti filatelici: presidente@assofilatelica.it o 335.640.66.77

LA LETTERA

Spett.li Soprintendenze Archivistiche Regionali e p.c. Spett.le MIBACT
Ufficio Direzione Generale Archivi


Oggetto: Comunicazione A.N.P.F. (Associazione Nazionale Professionisti Filatelici), F.S.F.I. (Federazione fra le Società Filateliche Italiane), A.P.F.I.P. (Associazione Periti Filatelici Italiani Professionisti), Gruppo di Modena, On. Carlo Giovanardi (già presidente del Gruppo Parlamentari Amici della Filatelia)

I sottoscritti Avv. Andrea Valentinotti, del Foro di Ravenna, e Avv. G. Massimiliano Mari, del Foro di Foggia, nell’interesse di A.N.P.F. (Associazione Nazionale Professionisti Filatelici),
F.S.F.I.(Federazione fra le Società Filateliche Italiane), A.P.F.I.P. (Associazione Periti Filatelici Italiani Professionisti), Gruppo di Modena, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, nonché dell’ On. Carlo Giovanardi, già presidente del “Gruppo Parlamentari Amici della Filatelia”, da cui hanno ricevuto regolare mandato difensivo, rappresentano e comunicano quanto segue.

Negli ultimi anni le Soprintendenze Archivistiche di varie Regioni italiane hanno segnalato ai Comandi dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, territorialmente competenti, la detenzione e la vendita, nei mercati e, soprattutto, sulla rete internet, da parte di privati collezionisti e commercianti, di lettere e documenti manoscritti e/o dattiloscritti su cui sono impressi i timbri a umido di vari Comuni ed Uffici Pubblici d’Italia risalenti ai sec. XIX-XX o, comunque, ad essi indirizzati o dagli stessi protocollati, assumendo la illegalità di tali condotte in quanto, asseritamente, aventi ad oggetto beni di provenienza illecita.
incorrere in problemi giudiziari pur avendo agito sempre nel rispetto delle regole e in assoluta buona fede.

• Si è avuta notizia, nei giorni scorsi, dell’ennesimo sequestro di documenti della stessa tipologia ai danni di un commerciante.

• Tali iniziative mal si conciliano con le linee guida dettate a più riprese dal Ministero dei Beni Culturali (cfr. Parere Ufficio Legislativo Novembre 2012; Circolare n.43 del 5 ottobre 2017, a firma del Direttore Generale degli Archivi- Dott. Famiglietti), oltre che con i principi enunciati nelle sentenze citate.

• Come noto, infatti, proprio allo scopo precipuo di definire alcuni aspetti problematici della materia e di individuare criteri di valutazione uniformi, nel Novembre del 2012, l’Ufficio Legislativo del Ministero dei Beni Culturali ha emesso una nota per chiarire quali documenti potessero rientrare nella categoria dei beni demaniali.
In essa si afferma espressamente che la mera presenza del timbro e/o di altri segni distintivi di protocollo o della semplice indicazione dell’indirizzo dell’Ente pubblico, non prova di per sé il carattere demaniale del documento, da cui discende la inalienabilità e la sottrazione di esso dalla libera circolazione.

Ciò in ragione del fatto che la definizione di bene demaniale è stata introdotta per la prima volta con la entrata in vigore del Codice Civile del 1942. In base a tale definizione, tra i beni demaniali rientrano, tra gli altri, le raccolte contenute negli Archivi dello Stato e degli altri Enti territoriali (art 822 e 824).

A partire dal 1942, pertanto, tutti i documenti facenti parte di raccolte contenute negli Archivi dello Stato e dei Comuni sono da considerarsi beni demaniali e, come tali, inalienabili, se non a determinate condizioni, ossia nei limiti e nelle forme previste dalla Legge (art. 823).
Nel periodo precedente all’entrata in vigore del Codice Civile, invece, non vi era una definizione precisa ed univoca di bene demaniale, in assenza di un criterio uniforme ed univoco che consentisse di stabilire quali documenti dovevano essere conservati nell’Archivio (storico) degli Enti e quali no.

In linea di massima venivano conservati solo i documenti che per la loro natura o rilevanza presupponevano un interesse storico, culturale alla permanenza della loro conservazione negli Archivi.

Fuori dall’ipotesi in cui i documenti venivano inseriti nell’Archivio storico, in ragione della loro importanza, il materiale cartaceo dell’Ente periodicamente veniva dismesso.

Ciò avveniva attraverso le c.d. procedure di scarto che determinavano la cosiddetta “sdemanializzazione” del documento restituendolo alla libera circolazione.

Non sempre era previsto l’obbligo di distruzione del materiale scartato e, quando era previsto, non sempre veniva eseguito in modo rigoroso, ragion per cui i documenti scartati potevano entrare nella disponibilità dei privati cittadini in modo del tutto lecito.

Inoltre, già a partire dalla metà del ‘800, il materiale contenuto negli Archivi comunali era oggetto di pubblici incanti cui i cittadini potevano partecipare liberamente (vedasi, a titolo esemplificativo, l’avviso di vendita della Intendenza di Finanza della Provincia di Parma del 1871).

Negli anni successivi, sin dai primi del ‘900, venivano emanati diversi Decreti Regi che, come già detto, anche per far fronte alla carenza di carta, ordinavano alle amministrazioni locali la cessione in favore della Croce Rossa Italiana del materiale cartaceo contenuto negli Archivi di cui non fosse ritenuta necessaria la conservazione.

In tutti questi casi, i documenti originariamente contenuti negli Uffici Pubblici e, dunque, recanti i timbri o i segni distintivi dell’Ente, potevano circolare liberamente tra privati cittadini e collezionisti.

Sulla scorta di tali indicazioni, pertanto, per sostenere che il privato abbia conseguito in modo illecito la disponibilità dei documenti sin qui descritti, rendendosi responsabile del reato di ricettazione, occorrerebbe dimostrare che:

a) nel 1942 i documenti erano conservati negli Archivi dello Stato, delle Province o dei Comuni o di altri Enti pubblici (ciò che richiederebbe la loro catalogazione);

b) in data successiva sono stati sottratti dagli Archivi;

c) altrimenti, per l’epoca anteriore al 1942, la esistenza di una denuncia dell’Ente interessato da cui risulti che il documento sia stato effettivamente sottratto dal proprio Archivio.
In mancanza, per le ragioni esposte, si deve presumere che il privato abbia conseguito in modo assolutamente lecito il possesso del documento.

Tali concetti venivano ribaditi anche nella già menzionata Circolare del 2017 (frutto di diversi incontri tra commercianti, collezionisti e funzionari delle Soprintendenze tenuti presso la sede del MIBACT), a firma del Dott. Famiglietti, Direttore Generale degli Archivi, nella quale si prevedeva che i funzionari locali avrebbero dovuto adire le Forze dell’Ordine solo in presenza di pregresse

Le segnalazioni partivano dall’assunto che i documenti, per il sol fatto di provenire da un Ufficio Pubblico, di essere ad esso indirizzato o da esso protocollato, fossero beni demaniali e, come tali, fossero inalienabili e, dunque, sottratti alla libera circolazione.

Da tale assunto conseguiva, come logico corollario, che nel momento in cui il privato cittadino avesse conseguito la disponibilità di un documento siffatto, se ne doveva necessariamente arguire che lo avesse acquistato o ricevuto in maniera illecita, perché sottratto da un Pubblico Archivio.

A seguito delle segnalazioni, in alcune occasioni, i Nuclei dei Carabinieri interessati, di iniziativa o in esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, hanno proceduto al sequestro dei documenti (spesso anche in numero superiore al migliaio) sia presso i commercianti sia presso i collezionisti, i quali sono stati indagati e processati per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.).

Nei casi di cui si ha notizia, i processi instaurati a carico dei soggetti interessati dalla segnalazione e dal sequestro si sono conclusi, in assenza di denunce aventi ad oggetto la effettiva sottrazione dagli Archivi degli Uffici Pubblici, con la assoluzione degli imputati dai reati ascritti e con la conseguente restituzione in loro favore dei beni in sequestro (come, ad esempio, nel caso delle Sentenze emesse dai Tribunali di Torino, di Ravenna e di Foggia).

Nel corso di essi si è accertato, infatti, che i documenti sequestrati, appurata l’assenza di denunce aventi ad oggetto la loro sottrazione, non erano da considerarsi di provenienza illecita, trattandosi, per lo più, di corrispondenza intercorsa tra Comuni/Enti pubblici o tra privati cittadini e Comuni/Enti pubblici, priva di qualsivoglia rilevanza o interesse storico-archivistico, dal valore economico assai esiguo, che poteva circolare ed essere detenuta e ceduta liberamente.

In alcuni casi, addirittura, le segnalazioni si riferivano ai soli involucri o buste che, in base alla Circolare n. 69/86, emanata dal MIBAC – Ufficio Centrale per i Beni Archivistici Divisione Vigilanza (a firma del Direttore Generale, Professor Renato Grispo), sono da considerarsi estranei alla definizione di “documento in senso stretto” e, quindi, esulano dalla competenza delle Soprintendenze.

Tali vicende, oltre alla sofferenza arrecata a coloro che sono stati imputati nella causa e che, soltanto dopo anni hanno visto riconosciuta la propria innocenza, con tutti i pregiudizi che ne sono derivati, sotto il profilo psicologico e sotto il profilo patrimoniale, hanno, nel contempo, suscitato confusione e timore sia tra i commercianti sia tra gli appassionati, comprensibilmente preoccupati di denunce di furto o di sottrazione di documenti dagli Archivi (limitatamente ai soli documenti indicati nella denuncia stessa), optando, invece, nei casi in cui il documento immesso sul mercato, pur essendo oggetto di scarto (e quindi di provenienza lecita), avesse un particolare interesse storico o culturale, per l’azione civile di rivendica in favore dello Stato o per quella amministrativa.

Tutto ciò premesso, con la presente, gli scriventi difensori in nome e per conto di A.N.P.F. (Associazione Nazionale Professionisti Filatelici), F.S.F.I. (Federazione fra le Società Filateliche Italiane), A.P.F.I.P. (Associazione Periti Filatelici Italiani Professionisti), Gruppo di Modena, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, nonché dell’ On. Carlo Giovanardi, già presidente del “Gruppo Parlamentari Amici della Filatelia”, invitano le Ill.me S.S.V.V. in intestazione ad attenersi scrupolosamente, nell’espletamento dell’attività di competenza, finalizzata alla ricerca ed alla successiva segnalazione di eventuali condotte penalmente rilevanti, alle direttive dettate dalla Circolare n. 43 del 5 Ottobre 2017, a firma del Direttore Generale degli Archivi, Dott. Famiglietti, ed ai criteri in essa contemplati, riservandosi, in mancanza, di intraprendere tutte le iniziative necessarie ed opportune per garantire la tutela dei propri associati. Distinti saluti

Foggia-Lugo 20 Maggio 2020, Avv.to Andrea Valentinotti ed Avv.to Alessandro Mari
MIBACT

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