Si annunciano tempi duri per antiquari, rigattieri, ambulanti, venditori fai-da-te. Il Senato sta per varare un giro di vite draconiano del settore. «Reati contro il patrimonio culturale», il titolo della nuova legge, già votata alla Camera. Vi sono alcune norme sacrosante, tipo la condanna da 10 a 18 anni a chi devasta o saccheggia beni culturali o luoghi della cultura. Bene anche l’argine contro i tombaroli: arresto fino a 2 anni per chi è pizzicato in un’area archeologica con strumenti per il sondaggio del terreno.
Nei nuovi reati, però, è punibile con reclusione fino a 2 anni più multa fino a 80mila euro la compravendita di un bene culturale «senza la prescritta autorizzazione». E qui sta il guaio: che cos’è un bene culturale? Stando al Codice dei beni culturali, qualunque oggetto che abbia oltre i 70 anni.
Già, il fatidico bene culturale. Il presidente della commissione Giustizia, Nico D’Ascola, AP, lo definisce di «fluida e incerta nozione». Riconosce il relatore, il senatore DEM Giuseppe Cucca: «Effettivamente la materia è controversa. Il Codice dei beni culturali rinvia al mero parametro temporale, a prescindere dal valore. Anche un libro del nonno, se risale agli anni Trenta, è considerato “bene culturale”.
Ma è opportuno concludere questa legge senza ritocchi per non dover ripassare per la Camera. Sono sicuro che i magistrati sapranno operare con buon senso. E in ogni caso ci saranno gli atti parlamentari a fare chiarezza». La vedono all’opposto i senatori dell’opposizione, da Caliendo (Forza Italia) a Buccarella (M5S). «L’ambito di applicazione è talmente indefinito – dice Carlo Giovanardi, idea che rischia ai coinvolgere anche i comuni cittadini o gli esercenti che fanno commercio di oggetti di antiquariato».
«Se la norma resta così come è scritta – ha spiegato ai senatori in una recente audizione Giulio Filippo Bolaffi, dell’omonima casa d’arte – ci renderebbe colpevoli di svolgere la nostra quotidiana attività e si creerebbe un clima di terrore nei collezionisti». Alla Bolaffi sono preoccupati, ad esempio, perché si moltiplicano i sequestri di lettere antiche con un ufficio pubblico per mittente o destinatario, pur mandate al macero o addirittura vendute dalla Croce Rossa – in quanto alcune Soprintendenze ora li considerano «beni demaniali» e quindi inalienabili.
Il problema si pone anche per una moneta o un quadro contraffatto. Rischia da 1 a 6 anni più multa, «chiunque, anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, detiene per farne commercio, o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti».
Confcommercio chiede che sia almeno tutelato l’antiquario che si muove in buona fede. «Sono pene spropositate rispetto alla gravità dei fatti commessi e alla buona fede di chi li ha commessi all’interno di una normale routine commerciale o collezionistica», dice anche Bolaffi, che in audizione ha mostrato una moneta greca contraffatta. «Se per errore la vendessimo, rischiamo fino a 6 anni». Martedì prossimo al Senato se ne riparla. «Così in futuro ci saranno atti parlamentari esaurienti», dice Cucca.
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