Inserito 28-01-2018
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Lettera aperta di Giuseppe Buffagni a Giovanni Valentinotti, già pubblicata su “Il Postalista” il 18 gennaio c.a. nella rubrica “La sentenza del 22 febbraio”

Caro Giovanni, permettimi di dissentire su alcune tue note pubblicate di recente, riguardanti i commenti e le considerazioni relativamente alla tua assurda esperienza. Io credo ci sia un errore di fondo sostanziale. Tu cerchi di trovare delle note positive in una circolare che sostanzialmente dice molto poco (nonostante le 54 pagine) e a me sembra di capire che anche quel poco non sia poi a noi così favorevole.

Facciamo un passo indietro per interpretare meglio quanto sta succedendo e quanto è successo. Esiste un istituto che si chiama notifica, dal tempo direi degli antichi romani, che serviva e serve tutt’ora per tutelare il patrimonio pubblico.

Quando un bene si ritiene di notevole rilevanza nazionale, si procede a notificarlo e ciò al fine di sapere sempre dove si trova e chi lo possiede (che ne sarà di questo il responsabile) e impedire che venga venduto all’estero. Inoltre, se tale bene si ritiene veramente di importanza museale, lo Stato ha diritto di prelazione e lo può acquisire al valore di mercato con diritto di prelazione.

Questo è il nocciolo della nostra questione. Lo Stato compra e paga per avere a disposizione questo bene. Quindi se una delle Lettere di Storia postale in nostro possesso ha un valore storico o rilevante, lo Stato può procedere con questo istituto esistente da sempre. Hai già capito dove voglio arrivare con il mio semplicissimo ragionamento. Se lo Stato vuole qualcosa, se lo prende e paga il giusto prezzo o il prezzo corrente di mercato.

Nel nostro caso, sembra che giuristi, forze dell’ordine, archivisti, sovraintendenti ai beni culturali e vari facciano un ragionamento che è all’opposto della logica e anche del buon senso, danno per scontato che tutto quello che è in possesso dei privati sia oggetto di furto (anche se in totale mancanza di prove, magari per analogia come in certi casi a Torino, ad esempio, dove hanno detto che se su certe lettere ci sono dei numeri progressivi, tutte le lettere in oggetto devono fare parte evidentemente di quel determinato archivio, quindi non potevano essere state scartate e se erano state scartate si trattava di un errore di scarto).

Sappiamo e lo abbiamo dimostrato con centinaia di documenti che lo Stato per 150 anni ha venduto o regalato alla CRI milioni di lettere alcune delle quali, salvate dal macero, sono state da noi collezionate. Ora lo Stato, dal quale abbiamo comprato queste lettere, pretende di venircele a togliere senza pagarle, presumendo (e questo è grottesco) che siano tutte rubate.

Per dare giustificazione a questo sopruso cosa hanno inventato? Che queste lettere sono beni culturali o demaniali, che quindi possono essere oggetto di confisca, che noi dobbiamo fornire la prova del loro regolare acquisto ovvero, come ripetuto tante volte, l’onere della prova viene ad essere ribaltato su di noi. Lo Stato mi accusa e sono io che devo dimostrare la mia innocenza e non viceversa che deve essere lo Stato a dimostrare la mia colpevolezza.

Hai mai avuto occasione di leggere una qualche denuncia di furto ai danni di un archivio pubblico?? Vi si legge solitamente che sono stati sottratti decine di faldoni contenenti lettere dell’0ttocento. Bel modo di fare denuncia. Senza alcuna specifica di cosa è stato rubato. Se vi viene rubata l’auto cosa fate? Dichiarate: mi hanno rubato una Fiat (allora si dovrebbe procedere al sequestro di tutte le Fiat sul territorio nazionale?). Ma se fornite la targa o il numero del telaio, forse si riesce ad identificare un po’ meglio, non trovi?

Come vedi emerge molto chiaramente che chi doveva custodire, probabilmente non lo ha fatto bene e nel modo giusto e, al momento della denuncia, è stato talmente sul vago che non è possibile identificare nulla. Ebbene e concludo, a causa del fatto che gli archivisti non abbiano un inventario di ciò che devono custodire, e avendo noi materiale analogo o simile, vengono poi a dirci che il materiale è sequestrabile in quanto oggetto di furto. Quindi per una mancanza altrui, siamo noi ad essere colpevoli.

E se si sono sbagliati nello scarto, siamo noi i responsabili? Se non si è inventariato il patrimonio in custodia negli archivi, che poi è un bene comune, siamo noi a doverne subire le conseguenze con l’accusa di furto o ricettazione?

No caro Giovanni, non dobbiamo guardare se una circolare contiene qualcosa, forse e dico forse, di migliorativo con riferimento a precedenti leggi o circolari ministeriali. Noi dobbiamo trovare una definizione precisa che ci permetta di continuare a collezionare e a studiare la Storia Postale senza patemi, senza il terrore di trovarci in casa le forze di polizia che cercano di sottrarci quanto legalmente ed onestamente comperato e pagato. Solo allora potremo considerarci tranquilli.

Ho detto contiamoci perché siamo in tanti a collezionare e quello che è oggi successo a noi, domani potrebbe capitare a chi colleziona monete o libri o quadri e, nella considerazione che siamo vicino a nuove elezioni vediamo chi ci sta a darci una mano.

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