QUESITO N° 020
Vi allego una piccola e ben conservata falsa bustina “Prefilatelica” di cm 11x 6 circa inoltrata da Roma per Bologna nel 1798. E’ ottenuta da un solo foglio
piegato con arte raffinata. Ho consultato a lungo il bel libro di Giovanni Riggi di Numana, senza trovarne un esempio simile. Cosa ne pensate? Può avere un pregio proprio per non essere stata catalogata e quindi risultare rara questo tipo di piegatura? Vi ringrazio anticipatamente per la risposta che mi vorrete dare. Cordiali Saluti.
Roberto Rondi, Tradate (VA)
RISPOSTA
Caro Roberto, questa lettera farebbe la felicità dell’amato e compianto, Giovanni Riggi di Numana e conoscendolo avrebbe fatto di tutto per farsela dare. E’ una letterina, molto raffinata, sopratutto nella piegatura che denota una certa acutezza della pesona che l’ha vergata e che l’ha ripiegata con una modalità del tutto nuova, almeno riferita allo studio effettuato da Riggi. Mi complimento anche per la tua acutezza nell0sservazione del documento e nella ricerca di una risposta consultando il volume “Il Segreto Epistolare” di cui il tuo quesito mi da l’opportunità di rimarcare alcune cose. Il primo luogo il volume dopo il premio ricevuto ad Israele 2008 e Italia 2009 è stato ripresentato quest’anno a Sindelfingen lo scorso mese d’ottobre ottendo dalla giuria una Menzione Particolare per l’originalità dello studio e dell’opera, ancora a distanza di tempo grazie al CIFO l’opera di Giovanni Riggi di Numana è stata ulteriormente valorizzata. Per chi leggesse queste note, colgo l’occasione per ricordare che il volume (qui nell’immagine a lato) è ancora disponibile in pochissime copie e che può essere richiesto per posta alla Segreteria c/o il Dr. Stefano Proserpio, Via Serafino Balestra, 6 – 22100 Como-CO o per email a: segreteria@cifo.eu Concludo dicendo che la rarità del documento va ricercata del testo e non da questa nuova individuata modalità di piegatura, anche se sarebbe stata molto più che rara per l’amico Riggi.
Risposta di Claudio Ernesto Manzati – Esperto di Lettere Prefilateliche
QUESITO N°019
Vi scrivo nella speranza che possiate e vogliate soddisfare una mia curiosità circa una Tessera Postale di riconoscimento in mio possesso (perfettamente conservata) appartenuta a mio nonno materno della quale Vi invio l’immagine “scannerizzata”. Dalle mie ricerche sono emerse due particolarità che vado ad elencare:
1.I precedenti “libretti di ricognizione”, con il Congresso U.P.U. di Madrid del 1920, vengono sostituiti in Italia con la “Tessera Postale” di cui parlo soltanto a partire dal 1.1.1923 mentre quella in mio possesso porta la data di rilascio dall’Ufficio di Palermo del 29.3.1922.
2.I diritti sono assolti con francobolli posti a cavallo della fotografia ed annullati con la data del rilascio. La seconda particolarità sta nel fatto che nel primo periodo, dal 1.1.1923 al 31.12.1925, l’importo era di Lire 2,00 mentre l’importo pagato all’epoca da mio nonno, come si può ben vedere dall’immagine, era stato soltanto di Lire 1,60.
Chiedo gentilmente se la tessera da me posseduta, oltre ad un personale mio valore affettivo, possa ritenersi di un qualche interesse storico e valore economico. Se invece il Vostro interesse di studio non comprendesse questo aspetto che Vi propongo con il mio quesito sareste così gentili da indirizzarmi presso altre associazioni che possano soddisfare la mia curiosità? RingraziandoVi anticipatamente attendo fiducioso una Vostra risposta.
Giovanni Amedeo Turetta (Roma)
RISPOSTA
La descrizione esposta nella domanda è sostanzialmente perfetta e denota una certa conoscienza della materia. Il documento del suo progenitore conservato con tanta cura, testimonia il passaggio dai Libretti di Riconoscimento Postati che andarono definitivamente fuori corsi nel Marzo del 1927 alle Tessere Postali. La tariffa per entrambi i documenti venne ridotta da 2,00 a 1,60 lire dal 1° Gennaio 1922 sino al 31 Dicembre del 1922 per poi ritornare dal 1° Gennaio 1923 a 2,00 lire per le Tessere Postali, iniziando di fatto il loro uso secondo la convenzione con l’UPU mentre la tariffa dei Libretti salì sempre dalla stessa data a 5,00 Lire; secondo quanto indicato nei sacri testi anche se a tutt’oggi studiando questo settore da oltre 20 anni, non ho mai avuto il piacere di poterne prendere visione di un Libretto di Riconoscimento recante un’affrancatura di 5,00 lire. Per ritornare all’ultima sua richiesta, posso confermare che esistono Tessere Postali affrancate nello stesso modo, che rappresentano di fatto precursori rispetto alla data ufficiale d’uso e queste sono quotate, a secondo dello stato di conservazione alcune centinaia di Euro.
Risponde Claudio Ernesto Manzati
QUESITO N° 018
Vi allego una lettera (qui nell’immagine a lato) spedita in data 24.05.47 da Roma dall’Istituto Volontà con un annullo apposto anche sul francobollo da lire 6,00 per assolvere la tariffa per una lettera primo porto. La lettera reca al verso il bollo d’arrivo “Magliano Veneto 26.6.47 Treviso”. Vi domando per quale ragione la lettera ha un annullo privato anziché l’annullo dell’ufficio postale. E’ normale che questa lettera sia stata annullata dall’Istituto intestatario della lettera, come è possibile per un istituto che non è una succursale delle poste. Come mai, le poste concedevano questa facoltà ai privati?
Costantino Gironi, Gorgonzola (MI)
RISPOSTA
L’Istituto Volontà di Roma, già scuole riunite, era una scuola per corrispondenza molto rinomata e teneva corsi di varia natura, dalle arti alle lettere alle professioni. Già attiva durante il ventennio fascista, continuò la sua attività anche dopo la II guerra mondiale. Ebbe tra i suoi allievi anche alcune personalità e noti artisti. Poiché la gestione dei corsi avveniva quasi totalmente per corrispondenza, la scuola, aveva chiesto ed ottenuto di ospitare e gestire al suo interno un’Agenzia postale per lavorare direttamente la corrispondenza in partenza. La lettera in esame, viaggiata il 24.5.1947 in periodo repubblicano, riporta appunt il raro annullo dell’Agenzia.L’istituzione dell’Agenzia sarebbe avvenuta probabilmente nel 1939, secondo quanto riporta Angellieri ne “Le agenzie e i recapiti postali in Italia 1894-1984” – Parma, 1985, cui rimandiamo per ogni approfondimento. La fornitura dell’annullo che vediamo, risale certamente agli anni trenta del Novecento, come comprova la foggia dell’annullo e la scalpellatura dell’anno fascista. Non si può inoltre escludere che l’apertura dell’Agenzia risalga ad un periodo leggermente anteriore. Le Agenzie venivano affidate con atto di concessione ad imprese ed enti pubblici e privati, e seconda la normativa del 1923, le spese di gestione erano a totale carico dei privati. Per quanto riguarda i contenuti dell’autorizzazione in concessione, ovvero i servizi che esse poteva prestare, questi erano limitati rispetto a quelli prestati dagli Uffici postali ordinari. L’Agenzia venne poi trasformata in Recapito postale con la riforma del 1952, a far data dal 1.1.1953. La concessione dei Recapiti postali avveniva con le stesse regole delle Agenzie. Non conosciamo la data di cessazione. Si noti che il tagliandino su cui è apposto il francobollo, fornito allo stesso istituto, prevede che lo studente alleghi il francobollo per la risposta ovvero per il reinvio del compito corretto, in questo caso di Latino.
Risposta congiunta di Giuseppe Di Bella- Esperto di Repubblica e Giurato nazionale di Storia Postale della FSFI e di Paolo Guglielminetti Esperto di Tematica e di Repubblica e Delegato alle Mostre e Giurie della FSFI
QUESITO N° 017
Vi invio in allegato, le fotocopia di due raccomandate, stesso periodo tariffario (una spedita il 2.11.48 l’altra il 25.5.49) affrancate per lire 75 mentre le tariffe in vigore prevedevano lire 50 (lire 15 lettera 1° porto gr. 15, diritto di raccomandazione lire 35) con preghiera di darmi delucicidazioni a riguardo della tariffa. Ringrazio l’esperto per la sua risposta. Costantino Gironi, Gorgonzola (MI)
RISPOSTA
Nonostante qualche pubblicazione non sia abbastanza chiara su questi periodi tariffari, i due oggetti postali non appartengono esattamente allo stesso ambito perchè la raccomandata da Firenze del 27.5.1949 appartiene al periodo di vigenza del Decreto del Presidente della Repubblica del 5.4.1949 entrato in vigore il 10.4.1949 e non a quello precedente dell’altra raccomandata di cui diremo sotto. La lettera evidentemente aveva un peso superiore a grammi 15 e quindi ha scontato due porti ovvero Lire 20 + Lire 20 cui si aggiungono Lire 35 per diritto di raccomandazione lettere chiuse: Totale Lire 75 in perfetta tariffa. Nel secondo caso siamo in presenza di un oggetto postale particolare con una peculiare tariffa complessa, ovvero una notificazione di atti giudiziari. La tariffa applicata è quella del DPR 2.8.1948, valida dall’11 agosto 1848 al 9.4.1949. Nel caso specifico si tratta di una notificazione atti giudiziari aperti del 2.11.1948 che ha scontato la tariffa base uguale ai manoscritti (fino a 200 grammi) così composta: Manoscritti fino a 200 grammi Lire 20, Raccomandazione corrispondenza aperta Lire 20, Avviso di ricevimento Lire 15, Raccomandazione dell’avviso di ricevimento Lire 20 (obbligatoria), Totale Lire 75 in perfetta tariffa. Alcuni cenni sulla tariffa da applicare vengono esplicitati sul fronte della busta utilizzata dagli Ufficiali giudiziari e dagli uscieri notificatori: nel caso specifico “L’USCIERE CONCILIATORE” ANGELO BERGAMO DI MONTEBELLUNA”, come si legge nel bollo personale in alto a sinistra. Naturalmente le indicazioni evidenziate sono generiche e non fanno riferimento a corrispondenze aperte o chiuse. Risposta di Giuseppe Di Bella- Esperto di Repubblica e Giurato nazionale di storia postale della FSFI
QUESITO N°16
Invio all’esperto l’immagine di un “Ferro di Cavallo” con una varietà della sovrastampa per avere un parere. Ringrazio anticipatamente per la cortese risposta. Bruno Sommella di Roma
RISPOSTA
L’immagine inviata, mostra un “ferro di cavallo”, il sovrastampato 20/15 cent. del 1865 del 1° tipo (n.23 Sassone) su frammento, con una evidente mancanza di parte dello “0” della cifra “20” posta in alto a destra. Questa soprastampa, come sapete, riporta in alto a sinistra la “C” di centesimi e a destra la cifra 20, in basso i due elementi sono invertiti; completa la soprastampa un rigo arcuato che ricopre il vecchio valore “quindici centesimi” posto nella parte bassa dell’ovale che incornicia l’effige di Vittorio Emanuele II. Questo francobollo presenta di per sé alcuni errori voluti di soprastampa per combattere le falsificazioni, quella invece presentata è una vera e proprio mancanza di stampa di parte dello zero, I cataloghi riportano la quotazione non bassa per la mancanza di tutta la cifra “20” e per le mancanze parziali la valutazione si calcola in base alla percentuale di porzione mancante sul totale. L’immagine, anche se abbastanza buona non consente la verifica di eventuali manomissioni; nel caso di autenticità del difetto è sicuramente una novità interessante. La percentuale della mancanza però non è molto rilevante ed il suo valore di conseguenza contenuto; inoltre il valore di un francobollo è strettamente dipendente dal momento del mercato e varietà di questo tipo al momento non sono molto apprezzate. Risposta di Gino Biondi – Perito Filatelico
QUESITO N°015
Vi allego una C.P. Raccomandata recante un annullo guller di Pieve del Cairo del 12.07.1951 e lineare simile passante; affrancata come semplice cartolina ma recante l’etichetta di raccomandazione e scritto a lapis rosso il numero della raccomandata e, forse, un’indicazione di tassazione T. Mi domando e Vi chiedo: è possibile che la tassa di raccomandazione non sia stata evasa con l’applicazione di francobolli, come da regolamento postale noto, ma pagata diversamente? Vi ringrazio per la disponibilità a fornire una risposta a questo quesito. Gianni Vitale – Cutrofiano – LE
RISPOSTA
Si tratta di un inusuale caso di “Raccomandazione d’ufficio”. L’Amministrazione postale, in forza del Regolamento del 1861, aveva facoltà i “raccomandare d’ufficio” oggetti postali inoltrati come ordinari, qualora riconoscesse “un’importanza” sociale pubblica di tale oggetto o un palese rilievo di carattere giuridico o giudiziario. Normalmente si ritrovano “raccomandate d’ufficio” missive anonime indirizzate alle Procure del Re e poi della Repubblica, lasciate nelle buche delle lettere. Nel caso in esame l’ufficio postale di Pieve del Cairo ritenne che la richiesta di chiarimenti rivolta all’Intendenza di finanza di Pavia, sulla pensione di guerra, contenuta nella cartolina postale, inoltrata in modo ordinario, fosse meritevole di raccomandazione d’ufficio. Infatti il numero vergato in rosso per la tassazione da riscuotere, insieme alla “T”, è lo stesso che troviamo sul talloncino di raccomandazione. A volte gli Uffici postali che raccomandavano d’ufficio un oggetto postale, non lo segnalavano neanche come “da tassare”. Fatto curioso, nella pratica si riscontra che l’Ente destinatario (sempre pubblico) talvolta rifiutava di pagare la raccomandazione d’ufficio al momento della consegna ed in questo caso, dai verbali che ho visionato, risulta che l’importo rimaneva “a carico delle Poste” o se vogliamo di nessun soggetto (un po’ come funziona il campione giudiziario preordinato ad un fine pubblico di alto valore sociale). Per questo motivo, nelle tassazioni di raccomandate d’ufficio, molto raramente si ritrovano segnatasse. Vi è da dire comunque che l’applicazione delle regole che governavano la tassazione d’ufficio non sempre fu univoca, come spesso accadeva in campo postale e tariffario. Questa procedura, che oggi può sembrare astrusa, si comprende bene solo se si tiene conto che quella postale, era onsiderata una funzione “Pubblica” al pari di quella giudiziaria o sanitaria. Infine complimenti per il ritrovamento poiché è raro vedere raccomandazioni d’ufficio di questi oggetti postali.
Risponde Giuseppe Di Bella – Giurato nazionale di Storia Postale della FSFI
QUESITO N°014
Sfogliando un Vostro articolo del 2007 sul falso prioritario senza millesimo, ho iniziato a verificare i valori nuovi del prioritario da euro 0,60 con in ditta la scritta I.P.Z.S. S.p.A. – ROMA. Posto due valori, quello sopra, il tipo standard e sotto quello che “mi sembra” il faslo descritto nell’articolo del numero 169 di dicembre 2007. Allego immagini dei francobolli ed immagini delle cifre con scritte in ditta. Sperando di essere stato sufficientemente chiaro, resto in attesa di un parere del Vostro esperto. Grazie per la risposta. Bruno Sommella – Roma
RISPOSTA
Il francobollo prioritario emesso nell’ottobre del 2006 è stato il primo senza millesimo, al contrario di tutti gli altri che lo hanno preceduto. Inoltre per questo francobollo non è stata prevista l’etichetta blu con la scritta “posta prioritaria” in quanto dal 31 maggio precedente erano stati unificati i due servizi di “posta ordinaria” e “posta prioritaria”. Questo francobollo ha mantenuto le caratteristiche generali costanti fino al 7 luglio 2009, quando fu sostituito dalla nuova ordinaria “Posta Italiana”. In questo lasso di tempo (poco meno di tre anni), il francobollo ha subito numerose ristampe alcune delle quali si possono distinguere per il codice alfanumerico (2 lettere + 9 cifre) sulla cimosa destra del foglio; infatti l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato contraddistingue la produzione annuale con le due lettere, mentre il numero a nove cifre rappresenta il numero progressivo di ciascun foglio. Il francobollo in esame è conosciuto quindi con le lettere: DA (che corrisponde alla produzione del 2006), EA (del 2007) FA ( del 2008) e GA (del 2009). All’interno di ciascuna produzione annuale sono state effettuate numerose ristampe e l’intera tiratura è sicuramente stata prodotta con più di un cilindro. Tutte le volte che viene rifatto un nuovo cilindro si possono osservare differenze più o meno evidenti nei piccoli particolari della stampa. Da questo nascono quelle piccole differenze che possiamo notare sui francobolli ordinari ristampati più volte e in quantità considerevoli. E’ questo il caso dei due francobolli inviati dal sig. Sommella che differiscono per la nitidezza della scritta in ditta e per la di differente retinatura del disco nero centrale, si tratta quindi di due francobolli autentici. Il francobollo falso senza millesimo differisce per altri particolari dall’originale, innanzitutto la pseudo dentellatura che nel falso è una larga sinusoide che genera “denti” molto larghi ed arrotondati, la carta è molto riflettente nei confronti della luce e manca completamente il disco dorato di vernice interferenziale che copre il disco nero centrale.
Risponde Nicola Luciano Cipriani – Esperto di Prioritario
QUESITO N° 013
Vi invio l’immagine di una cartolina postale da 20 lire della serie siracusana, che è stata inoltrata come Notifica di Atto Giudiziario, gradirei sapere dal vostro esperto sull’uso degli Interi Postali se questo impiego è consentito e se questo documento postale sia raro, essendo il primo che mi è capitato di trovare in tanti anni di collezionismo. Vi ringrazio anticipatamente della cortese risposta che vorrete dare. Cordialità
Gianfranco Puricelli di Milano
RISPOSTA In alcuni particolari casi, come dimostra il documento presentato, per il servizio di notificazione degli atti giudiziari sono stati utilizzati anche gli interi postali. Gli atti giudiziari, aperti o chiusi, andavano sempre spediti per raccomandata con ricevuta di ritorno anch’essa raccomandata; la ricevuta di ritorno non andava affrancata e la sua affrancatura doveva essere aggiunta sulla notificazione dell’atto. La procedura di notifica prevede che in caso di irreperibilità del destinatario l’ufficiale giudiziario lasci un avviso in busta chiusa e sigillata presso l’abitazione, depositi la copia dell’atto in busta chiusa e sigillata presso la casa comunale, ed invii un avviso di notifica dell’avvenuto deposito con raccomandata a.r. Pertanto, la cartolina postale illustrata, che ovviamente, non è un atto giudiziario in senso stretto, assolve al compito di notifica dell’atto giudiziario depositato. A formare l’affrancatura di questa cartolina concorrono ben quattro tariffa diverse: 20 lire per la cartolina, 35 lire per il diritto di raccomandazione aperta, 20 lire per la ricevuta di ritorno e 35 lire per il diritto di raccomandazione della ricevuta di ritorno L’intero postale in tariffa notificazione di atti giudiziari, data la particolarità del servizio, è alquanto raro e la sua collocazione naturale è stata il fascicolo legale piuttosto che l’album del collezionista. Risponde Flavio Pini – Esperto di Siracusana e di Interi Postali
QUESITO N°012
Vi invio in allegato l’immagine di un documento filatelico, ritrovato fra corrispondenza d’epoca in ufficio, alquanto “inusuale”, si tratta di un sacchettino affrancato in perfetta tariffa “Raccomandata”, si tratta di una busta non comune. Ha interesse storico postale e che quotazione potrebbe avere? Corrado Bianchi – Rho (MI)
RISPOSTA
Il campione senza valore consente l’invio di piccole quantità di merce di nessun valore commerciale effettivo e limitate nella quantità. I campioni devono essere spediti in busta, scatoletta o saccchetti facilmente veificabili dall’amministrazione postale. Questi invii hanno goduto di una tariffa agevolata sia in periodo di regno che di repubblica, e hanno avuto tariffa propria fino al 24 marzo 1975. Con l’aumento tatiffario del 25 marzo 1975 il campione senza valore è confluito nella voce paccheto postale. L’oggetto proposto, spedito nel 1969 in corretta tariffa campione s.v. raccomandato ( lire 50 campione + lire 130 racc.) è interessante in quanto i servizi agginunti, su questi documenti, non sono affatto comuni; da notare, inoltre, il particolare involuscro in tessuto utilizzato che ne rende particolarmente pregiato il reperto che ha un valore di mercato di alcune decine di Euro. Risponde Flavio Pini – Esperto della serie Siracusana
QUESITO N° 011 Vi invio le immagini di una busta spedita da Milano per Oxford il 15.12.1856 tramite VIA DEGLI STATI SARDI in porto assegnato (tassa 22 cancellata a penna) e manoscritta al verso, transito in rosso francese del 19.12.1856 e di Londra del 20 al retro, arrivo ad Oxford il 21 rispedita a Londra all’Hotel Piccadily bollo FIRST POSTAGE NOT PAID, arrivo il 22 con un bollo piccolo sul retro, rispedita successivamente a Parigi, cambiando destinatario con annotazione al verso e al recto, dove giunse il 22 con affrancatura coppia di due penny. Desidererei sapere se quanto indicato è giusto, ed il perchè non è stata tassata o affrancata nella prima riispedizione a Londra, ma solo nella seconda a Parigi. Vi ringrazio anticipatamente della vostra cortese risposta. Roberto Cruciani di Urbisaglia (MC)
RISPOSTA
La lettera fu spedita in porto assegnato da Milano a Londra e tassata in arrivo 1 sh. e 3 pence (poi corretto in 1sh.e 2p) ; poiché il destinatario si era trasferito a Londra, questa è stata rispedita con l’annotazione “FIRST POSTAGE NOT PAID” per evidenziare il fatto che, non essendo stata consegnata al destinatario, la tariffa di 1sh.e 2 pence non era ancora stata incassata. Da Londra la lettera venne rispedita a Parigi, riscrivendo l’indirizzo in alto al recto ma il rispeditore, per essere più chiaro sulla nuova destinazione, riscrisse l’indirizzo più visibilmente al verso della lettera stessa. Le poste francesi (che considerarono come fronte della lettera la parte con l’indirizzo riscritto al verso) tassarono la missiva in arrivo per 8 decimi con il loro tampone nero “8” secondo convenzione, cioè per il doppio della tariffa prevista per le lettere affrancate che dall’1.01.1855 era stata ridotta a 4 pence (corrispondenti a 4 decimi francesi). Il 22 che si legge al verso, si riferisce con molta probabilità al numero civico dell’indirizzo parigino della Rue Meslay, infatti lo ritroviamo scritto anche al recto della lettera nella parte superiore, e quindi non ha nulla a che vedere con quanto pagato da nessuno. La lettera è pertanto del tutto originale e interessante così come descritta ma la coppia del 2 pence non sembra appartenere alla lettera in oggetto. Ad un esame della foto l’annullo non sembra infatti essere passante. Se la coppia del 2 p. fosse appartenuta alla lettera, la tassazione di 8 decimi in arrivo non avrebbe avuto alcun senso, essendo questa in perfetta tariffa da 4 p. per la Francia, ma le poste britanniche avrebbero dovuto apporre sulla lettera il timbro P.D. in rosso; timbro del quale non si trova traccia. Si suggerisce di sottoporre ad un perito la lettera per verificare una possibile applicazione postuma della coppia di francobolli.
Risponde Angelo Teruzzi – Esperto di Lombardo Veneto e Regno di Sardegna