Pubblicato il 10-07-2011
Argomento: (Domande & Risposte) di info@cifo.eu

campione-senza-valore_versocampione-senza-valore_rectoQUESITO N°012
Vi invio in allegato l’immagine di un documento filatelico, ritrovato fra corrispondenza d’epoca in ufficio, alquanto “inusuale”, si tratta di un sacchettino affrancato in perfetta tariffa “Raccomandata”, si tratta di una busta non comune. Ha interesse storico postale e che quotazione potrebbe avere? Corrado Bianchi – Rho (MI)

RISPOSTA
Il campione senza valore consente l’invio di piccole quantità di merce di nessun valore commerciale effettivo e limitate nella quantità. I campioni devono essere spediti in busta, scatoletta o saccchetti facilmente veificabili dall’amministrazione postale. Questi invii hanno goduto di una tariffa agevolata sia in periodo di regno che di repubblica, e hanno avuto tariffa propria fino al 24 marzo 1975. Con l’aumento tatiffario del 25 marzo 1975 il campione senza valore è confluito nella voce paccheto postale. L’oggetto proposto, spedito nel 1969 in corretta tariffa campione s.v. raccomandato ( lire 50 campione + lire 130 racc.) è interessante in quanto i servizi agginunti, su questi documenti, non sono affatto comuni; da notare, inoltre, il particolare involuscro in tessuto utilizzato che ne rende particolarmente pregiato il reperto che ha un valore di mercato di alcune decine di Euro. Risponde Flavio Pini – Esperto della serie Siracusana

Pubblicato il 03-07-2011
Argomento: (Domande & Risposte) di info@cifo.eu

oxfordoxford_verso2QUESITO N° 011 Vi invio le immagini di una busta spedita da Milano per Oxford il 15.12.1856 tramite VIA DEGLI STATI SARDI in porto assegnato (tassa 22 cancellata a penna) e manoscritta al verso, transito in rosso francese del 19.12.1856 e di Londra del 20 al retro, arrivo ad Oxford il 21 rispedita a Londra all’Hotel Piccadily bollo FIRST POSTAGE NOT PAID, arrivo il 22 con un bollo piccolo sul retro, rispedita successivamente a Parigi, cambiando destinatario con annotazione al verso e al recto, dove giunse il 22 con affrancatura coppia di due penny. Desidererei sapere se quanto indicato è giusto, ed il perchè non è stata tassata o affrancata nella prima riispedizione a Londra, ma solo nella seconda a Parigi. Vi ringrazio anticipatamente della vostra cortese risposta. Roberto Cruciani di Urbisaglia (MC)

RISPOSTA
La lettera fu spedita in porto assegnato da Milano a Londra e tassata in arrivo 1 sh. e 3 pence (poi corretto in 1sh.e 2p) ; poiché il destinatario si era trasferito a Londra, questa è stata rispedita con l’annotazione “FIRST POSTAGE NOT PAID” per evidenziare il fatto che, non essendo stata consegnata al destinatario, la tariffa di 1sh.e 2 pence non era ancora stata incassata. Da Londra la lettera venne rispedita a Parigi, riscrivendo l’indirizzo in alto al recto ma il rispeditore, per essere più chiaro sulla nuova destinazione, riscrisse l’indirizzo più visibilmente al verso della lettera stessa. Le poste francesi (che considerarono come fronte della lettera la parte con l’indirizzo riscritto al verso) tassarono la missiva in arrivo per 8 decimi con il loro tampone nero “8” secondo convenzione, cioè per il doppio della tariffa prevista per le lettere affrancate che dall’1.01.1855 era stata ridotta a 4 pence (corrispondenti a 4 decimi francesi). Il 22 che si legge al verso, si riferisce con molta probabilità al numero civico dell’indirizzo parigino della Rue Meslay, infatti lo ritroviamo scritto anche al recto della lettera nella parte superiore, e quindi non ha nulla a che vedere con quanto pagato da nessuno. La lettera è pertanto del tutto originale e interessante così come descritta ma la coppia del 2 pence non sembra appartenere alla lettera in oggetto. Ad un esame della foto l’annullo non sembra infatti essere passante. Se la coppia del 2 p. fosse appartenuta alla lettera, la tassazione di 8 decimi in arrivo non avrebbe avuto alcun senso, essendo questa in perfetta tariffa da 4 p. per la Francia, ma le poste britanniche avrebbero dovuto apporre sulla lettera il timbro P.D. in rosso; timbro del quale non si trova traccia. Si suggerisce di sottoporre ad un perito la lettera per verificare una possibile applicazione postuma della coppia di francobolli.
Risponde Angelo Teruzzi – Esperto di Lombardo Veneto e Regno di Sardegna

f QUESITO N°010
Vi invio l’immagine di un modello d’avviso di giacenza di una raccomandata gravata per lire 1000 da contrassegno, assolta in data 29 Marzo 1977 con l’uso di un valore da L. 1000 pacchi cavallino. In quel periodo era ancora in corso di validità anche il valore con filigrana ruota; vorrei sapere come fare a riconoscere senza dover staccare il valore dal supporto, di quale tiratura sia. Bruno Sommella (Roma-RM)
watermarkRISPOSTA
Il metodo più semplice per riconoscere la filigrana di un valore bollato applicato su un supporto cartaceo, è quello di dotarsi di un piccolo strumento chiamato ROLL-A TECTOR della Ditta Morley-Bright che permette attraverso lo strofinamento di un piccolo sacchettino di plastica che contiene un composto colorato di blu, sull’oggetto da esaminare, di far apparire la filigrana all’interno di questo liquido blu. Lo strumento che è possibile vedere nell’immagine qui a lato, è venduto per 16,85 £ dalla ditta Vera Trinder di Londra, ma è anche acquistabile tramite internet collegandosi al loro sito www.vtrinder.co.uk Risponde Claudio Ernesto Manzati-Esperto di Repubblica

Pubblicato il 23-06-2011
Argomento: (Domande & Risposte) di info@cifo.eu

democratica-30-19480316ser-riccardo-malenotti1QUESITO N°009
Vi invio per un parere di uno dei vostri esperti, una raccomandata spedita da Firenze il 16.3.48 per città, affrancata per lire 30 (lire 10 lettera primo porto, lire 20 diritto di raccomandazione) Gradirei avere una vostra opinione sulla ragione della tassazione per lire 5 in arrivo in data 20.3.48. Vi ringrazio anticipatamente della vostra cortese risposta e dell’utilissimo servisio che avete messo a disposizione dei collezionisti. Costantino Gironi (Gorgonzola – MI)

RISPOSTA
Per ricostruire la vicenda di questo oggetto postale, dobbiamo esaminare attentamente le indicazioni manoscritte vergate dal postino al retro della busta. La raccomandata in tariffa di primo porto per la città, con annessa richiesta di ricevuta di ritorno, venne inoltrata il 16.3.1948 da Firenze per città. Il primo tentativo di recapito va a vuoto perché il destinatario risulta assente (manoscritto “non risponde”). Viene esperito un secondo tentativo di consegna, ma anche questa volta senza successo (manoscritto “non risponde” stilato da altra mano). Un terzo tentativo va a vuoto e questa volta il postino viene informato che gli orari di presenza del destinatario al domicilio, sono diversi da quelli in cui avviene il recapito delle lettere, come chiaramente espresso dalla terza scritta al retro “Assente ore di servizio”. A fronte di questa situazione, il postino ha lasciato all’indirizzo un avviso di giacenza presso lo sportello considerando la corrispondenza, “d’ufficio”, come “ferma in posta”. Al momento del ritiro, avvenuto il 20 marzo successivo allo sportello, il destinatario ha corrisposto un diritto di giacenza pari alla vigente tariffa di Lire 5, assolto avverso l’applicazione del segnatasse appunto annullato in quella data. In realtà avrebbe dovuto pagare 6 lire ovvero tassa per fermo posta in arrivo, ma l’interpretazione fu quella, come in molti casi, del “favor rei”. Risponde Giuseppe Di Bella – Esperto di Storia Postale e Giurato Nazionale

affrancaturameccanicaparticolare_nastroQUESITO N°008
Invio foto di una “inquietante” busta corrispondenze affrancate a macchina inoltrata il 13/7/86 da una località ignota, l’ufficio postale della quale aveva il “bollo rotto”, come si legge da annotazione apposta a mano, unitamente alla data citata. Compare anche un pezzo di nastro adesivo blu con il logo di “Poste Italiane” ripetuto, di quelli utilizzati all’epoca per sigillare le assicurate in luogo della ceralacca, sul quale appare “inciso” un annullo circolare anch’esso con la scritta “Poste Italiane”, una sigla “VC” centrale (provincia di Vercelli?) ed una parole di 5 lettere in basso che non riesco a decifrare. L’affrancatura poi… 550 £ è una tariffa che non ho trovato da nessuna parte: all’epoca avrebbe dovuto essere 400 £ e la tariffa più alta (e l’ultima riportata, valida fino al 30/9/2000) sui cataloghi di storia postale ammonta a 450 £. Che dire? la parola agli esperti. Stefano Proserpio (Como – CO)

RISPOSTA
Risposta: “Il documento in questione è davvero strano! Risulta evidente un’applicazione errata della tariffa che come giustamente evidenziato doveva essere di 400 l. e non 550 l., sull’annotazione invece di annullo rotto e conseguente applicazione di nastro adesivo trovo si tratti di un escamotage simpatico e ingegnoso dell’addetto all’obliterazione” Risponde Aniello Veneri – Giurato Nazionale di Storia Postale

Pubblicato il 18-06-2011
Argomento: (Domande & Risposte) di info@cifo.eu

cpespresso

QUESITO N°007
Con riferimento a quanto da voi distribuito in data 14 c.m. invio la seguente cartolina postale viaggiata come espresso. Chiedo se trattasi di una modalità d’uso da ritenersi di un qualche interesse filatelico. Trattasi di cartolina postale L. 15 democratica, numero C141 catalogo Filagrano, espresso da Roma per Cadimare (La Spezia), in data 16 novembre 1949, affrancata con 1 valore L. 10 democratica ed 1 valore L. 30 democratica espressi numeri 559 e E29 catalogo Sassone. Bruno Sommella (Roma-RM)


RISPOSTA
La cartolina viene posta in circolazione nell’estate del 1949 e la tariffa da 15 lire è quella per l’interno. Il servizio accessorio (espresso) rende sicuramente più interessante un oggetto postale, peraltro, la notevole diffusione della cartolina fino alla metà degli anni ’50, e i francobolli aggiunti,per la tariffa espresso, molto comuni, ne riducono notevolmente l’interesse filatelico.
Risponde Flavio Pini – Esperto sull’uso degli Interi Postali

15_l_fcaQUESITO N°006
Vi scrivo per porvi un quesito su un punto che ritengo fondamentale per le nostre raccolte di storia postale. Negli anni ho accumulato e visionato migliaia di lettere affrancate con le varie ordinarie succedutesi nel tempo e nell’analisi delle stesse ho notato che: STAMPE, BIGLIETTI POSTALI, FATTURE COMMERCIALI non presentano, in moltissimi casi, il bollo di arrivo. Si devono considerare collezionabili tali buste? Dovevano avere, come nel caso delle lettere, obbligatoriamente il bollo di arrivo o esiste qualche decreto che codifica che tali corrispondenze potevano non essere bollate in arrivo?
Marco Cannas (Ulassai – SS)

RISPOSTA
“Il trattamento particolare di alcuni oggetti postali ha origini molto remote. Già in epoca umbertina, verso il 1880, venne consentita la omissione del numerale per le stampe e la bollatura con il solo nominale. Ugualmente le corrispondenze per la città già dagli anni venti del Novecento, non venivano bollate in arrivo. Per quanto alla non bollatura di tali oggetti postali in arrivo, che ordinariamete si riscontra in modo generalizzato, non conosco l’esistenza di un Decreto, anche perché trattandosi di disposizioni di servizio, bastava una lettera circolare del Direttore gestionale e non un provvedimento ministeriale. Collezioni pure questi oggetti, la loro validità collezionistica e storico postale non è in discussione.” Risponde Giuseppe Di Bella – Giurato Nazionale

busta-dorata-sigla-hb-300QUESITO N°004
Vi segnalo che ho un foglio del valore da 60 c. della nuova serie ordinaria di Posta Italiana, con il numero di serie che inizia per I e completo è IB050151872. Se non erro si dice che i fogli che iniziano per G sono della prima tiratura, quelli per H i prioritari dorati..siamo alla terza??? Potreste darmi una mano a districarmi in questo quesito? Aniello Veneri (Battipaglia – SA)

RISPOSTA
La numerazione progressiva di tipo alfanumerico in uso attualmente per la posta ordinaria ha avuto inizio nel 2004 con i francobolli prioritari stampati in rotocalcografia. Le sigle sono composte da 2 lettere cui seguono 9 numeri. La sigla è ripetuta accanto, ma tradotta secondo il sistema del codice a barre. Le lettere restano costanti per ciascun anno di produzione, la parte numerica invece numera i fogli in progressione durante la stampa. Le lettere quindi consentono di riconoscere l’anno di stampa secondo il seguente schema:
2004 – BA
2005 – CA
2006 – DA
2007 – EA
2008 – FA

non dovrebbero esistere prioritari con sigla GA in quanto questa ordinaria era in esaurimento in attesa di emettere la nuova denominata Posta Italiana.
Nel 2009, nel mese di luglio è finalmente stata emessa la nuova oridnaria e le sigle sono:
2009 – GB
2010 – HB
2011 – IB quest’ultima è apparsa sul mercato nei primi mesi di quest’anno.

Non tutti i valori hanno seguito questa logica, infatti la successione completa è riscontrabile solo nel valore di uso più comune (0,60), negli altri ci sono diverse manacanze. Ad esempio i valori superiori di Posta Italiana sono fermi alla sigla GB. Vuol dire che dal 2009 questi francobolli non sono ancora stati ristampati. Come si può notare la prima lettera segue la successione logica, XA per i prioritari, mentre per Posta Italiana la successione è diventata XB. La prima lettera è in successione tra le due ordinarie, mentre la seconda le caratterizza. Fanno eccezione i piccoli valori di Posta Italiana emessi il 1° luglio 2010. Questi hanno sigla HA. Questa sigla sembra un ibrido tra le due ordinarie e non trova successione logica con quelle sopra esposte. Che queste sigle differenzino gli anni di produzione non vuol dire, secondo me, che distinguono differenti tirature. Certamente al momento non c’è unanimità di vedute; però se pensiamo che le sigle sono un sistema di conteggio per differenziare annualmente la produzione del Poligrafico, questa caratteristica non consente di differenziare le ristampe comprese all’interno di uno stesso anno che sono sempre più di una. Da informazioni avute dall’IPZS ogni mese ristampano il valore di maggior uso e questo vuol dire che in un anno si hanno molte ristampe. Queste non sono distinguibili perché hanno la stessa sigla mentre lo sono quando cambia l’anno. Eppure le condizioni di stampa sono quasi sempre le stesse ed infatti i francobolli sono distinguibili solo dalla sigla sui bordi. Consiglio, in assenza di una codificazione accettata, di parlare di ristampe e non di tirature. Solo nel caso di un acclarato cambio di una componente del francobollo possiamo parlare di tiratura. E’ questo il caso del francobollo da 0,60 di Posta Italiana con la busta dorata. In questo caso fu usato un colore “fatto in casa” al Poligrafico in sostituzione di quello fornito da una ditta esterna per ritardi di consegna. In questo caso la differenza è dovuta non ad un eccesso di colore, ma ad una composizione cromatica differente. Quindi questo francobollo è la seconda tiratura del valore da 0,60. Inoltre nella prima metà dello scorso anno fu trovato in vendita una nuova versione (sempre dello 0,60) che aveva le lettere macro e micro più sottili e il francobollo appare più chiaro e più pulito. Anche questa versione può essere definita come tiratura (la terza, quindi) in quanto, sempre da informazioni avute presso l’IPZS, questa variante è stata prodotta dopo aver “restaurato” il cilindro di stampa (v. Il Francobollo Incatenato n. 207 – maggio 2011). Modifiche apportate al cilindro implicano, a mio parere, che si possa parlare di “nuovo” cilindro: Anche in questo caso si tratta di variazioni sostanziali nella produzione di questo francobollo. Come si può notare ho parlato di tirature là dove sussistono chiare differenze nella produzione dei francobolli, dissento nel chiamare tirature le ristampe che si differenziano solo per il codice alfanumerico. Dal punto di vista della conoscenza storica delle emissioni è giusto seguire anche le sigle, ma vanno usate in modo opportuno.
Risponde Nicola Luciano Cipriani – Perito Filatelico

castelli-10-rectocastelli-10-versoQUESITO N°003
Cosa mi sapete dire del blocco del 10 Lire Castelli, di cui allego scansione fronte retro? Se esaminate attentamente la parte posteriore, vi è una stampa leggerissima speculare. Può essere dovuto al fatto che i fogli siano stati tra loro sovrapposti prima di una completa asciugatura o che altro? Vi ringrazio anticipatamente per la vostra cortese risposta. Giorgio Lona (Bolzano)

RISPOSTA
Con la rotocalcografia si realizzano alte tirature ad una velocità di stampa elevata tale da richiedere inchiostri molto volatili con essiccazione pressoché immediata. La possibilità che superfici non asciugate vengano a contatto realizzando un trasferimento di stampa da una superficie all’altra, come ipotizzato, è quindi praticamente nulla. Diverso è il caso della stampa in calcografia sia su supporto umido (ad es. 100 lire Democratica) che secco (serie Verdi del 1951) in cui la sovrapposizione non protetta e con inchiostri non ancora asciutti può dare come risultato il cosiddetto decalco in cui l’immagine trasferita è nitida e perfettamente riconoscibile. Si possono avere decalchi totali o parziali, sempre poco comuni, i primi più pregiati. Di solito vi è anche una discreta corrispondenza fra la posizione dell’immagine decalcata con la vignetta al recto. Per quanto riguarda il blocco in esame, fra l’altro con pieghe e mal conservato, con l’immagine pseudodecalcata poco chiara, sfumata e senza corrispondenza nella posizione fra recto e verso, come in altri casi simili, potrebbe essere conseguente alla sovrapposizione, successiva comunque alla stampa, di fogli umidi o comunque conservati in ambiente non idoneo. Concludendo gli unici veri decalchi sono quelli calcografici (o tipografici) mentre in caso di stampa rotocalcografica o off-set con l’immagine pseudodecalcata poco chiara, sfumata e senza corrispondenza nella posizione fra recto e verso, si può parlare solo di pseudo-decalchi di scarso o nullo significato.
Risponde Marcello Manelli – Perito Filatelico, Esperto dii Filatelia Specializzata e Presidente AIFS

Pubblicato il 05-06-2011
Argomento: (Domande & Risposte) di info@cifo.eu

preaffrancatoQUESITO N° 002
Nella corripondenza che ricevo per lavoro, ho di recente trovato questa lettera con la curiosa etichetta applicata dalle Poste Italiane. Perchè è stata applicata? A quale D.L. si riferisce? Vi sarei grato se voleste chiarirmi la questione. Aldo Poli – BG


RISPOSTA
Gentile amico, innanzitutto mi complimento per il piacevole ritrovamento, non avevo mai visto un’etichetta del genere! Leggendo quanto riportato dalla stessa etichetta posso dire che il sistema non ha riconosciuta valida l’affrancatura del biglietto postale spagnolo, impiegabile per l’interno e quindi non valido per l’inoltro sul territorio Italiano. E’ stata quindi apposta l’etichetta e il timbro “da restituire al mittente” motivando il non inoltro facendo riferimento al Decreto Legislativo del 22 luglio 1999, n. 261 in materia di “Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualita’ del servizio” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 1999 ove al citato art. 16 dice “Gli invii postali rientranti nel servizio universale e nei servizi riservati, per essere avviati alla rete postale pubblica sono debitamente affrancati” Il presente intero postale spagnolo, valido esclusivamente per l’inoltro interno non è stato annullato in partenza e forse anche per questa ragione è stato avviato allo scarto da parte del CMP che lo ha lavorato. Nell’insieme è un interessante documento di storia postale dei giorni nostri. Risponde Aniello Veneri – Giurato Nazionale ed Esperto di Storia Postale Contemporanea